CARMELO BORG PISANI E I FASCISTI MALTESI

       

        L’irredentismo maltese ebbe la sua punta di diamante in Carmelo Borg Pisani. Nacque il 10 agosto 1915 a Senglea (vicino a  La Valletta) nell’isola di Malta, allora inglese per usurpazione[1], ma culturalmente italiana. Fin da piccolo frequentò l’istituto Umberto I, centro culturale efficiente e bandiera di fervente italianità.

Gli inglesi però non vedevano di buon occhio le organizzazioni  e associazioni italiane a Malta;  fin dal 1931 vietarono l’uso della lingua italiana nei dibattiti delle corti criminali, eliminarono l’insegnamento dell’italiano nelle scuole elementari. Partendo dalle limitazioni alla lingua che pure era radicata da settecento anni nell’uso dei maltesi, nel 1933, finirono per rompere ogni indugio, adottando una serie di provvedimenti sempre più restrittivi anche contro le associazioni italiane, che avevano osato protestare, arrivarono a sciogliere il governo della colonia e a sospendere la Costituzione.

A Malta il Partito Nazionalista, che nelle elezioni del giugno 1932 aveva conquistato una maggioranza di 21 seggi su 32, era tenace assertore dell’indispensabilità della cultura italiana, mentre il  Partito Costituzionale raccoglieva i voti e favoriva gli interessi dei conformisti piegati al servilismo nei confronti dell’occupante. Faro degli irredentisti maltesi era Carlo Mallia, illustre docente universitario di Diritto, che apparteneva all’ala estrema del Partito Nazionalista, la quale si dichiarava irredentista; con lui molti altri maltesi vedevano nel fascismo il movimento che avrebbe potuto liberare Malta. Moltissimi maltesi erano affascinati da Mussolini e la sua popolarità aumentò dopo la conquista dell’Impero.

Carmelo Borg Pisani, già a quattordici anni, correva il 1929, si era iscritto alle OGIE (Organizzazioni Giovanili Italiane all’Estero), che avevano sede a La Valletta. Dopo quattro anni, nel 1933, diciottenne, fu prescelto per partecipare ad un concorso di Capo Centuria a Roma, soprattutto per i suoi entusiastici sentimenti di italianità.[2]

Vivace com’era, fin da ragazzo amava scalare le scoscese scogliere a picco lungo la costa, spingendosi anche ad esplorare le caverne aperte dalla corrosione dei flutti. Conosceva tutti gli anfratti più reconditi dell’isola, che aveva ripreso anche in suggestive fotografie. Chiarisco, per chi non lo sapesse, che l’isola, generalmente, ha coste rocciose a picco sul mare.

Carmelo amava molto la sua terra natale e nutriva il grande sogno di vedere la sua bella isola «restituita alla grande Madre Italia».

Era perciò un fascista convinto; Italia e fascismo erano un tutt’uno inscindibile per Carmelo Borg Pisani, come avveniva in quell’epoca, anche per la stragrande maggioranza degli italiani, e pure per moltissimi stranieri l’Italia era semplicemente ”l’Italia Fascista”.

«Carmelo trascorreva gran parte del suo tempo alla Casa del Fascio, in via Santa Lucia a La Valletta, dove gli sembrava di respirare un’aria più salubre»,ha scritto  Stefano Fabei,[3] che riporta pure un ricordo del suo intimo amico e soprattutto buon camerata maltese Camillo Bonanno: «Ci siamo conosciuti nel 1928 e nel 1930 siamo stati ammessi al Campo Dux, a Viareggio, dove dormivamo sotto la stessa tenda. La sua italianità era esplosiva, frenetica. Nel 1935, durante il conflitto italo-etiopico, Carmelo si imbarcò clandestinamente su una nave per andare a combattere, ma venne scoperto».[4]

La sua innata avversione contro gli occupanti inglesi non poteva non aumentare col maturare degli eventi politici.

 

     Possedendo una estrosa e fresca vocazione artistica, aveva frequentato buone scuole di pittura a Malta, ma poté affinare la sua preparazione frequentando diligentemente ed entusiasticamente l’Accademia di Belle Arti a Roma, dove entrò nello studio di Carlo Siviero.  Il governo italiano aprì a Roma la “Casa della Redenzione Maltese” per ospitare gli studenti maltesi.

Non trascurava però l’attività politica; divenne presidente del “Circolo degli Amici della Storia di Malta” e organizzò manifestazioni culturali e patriottiche. Si costituì a Roma anche il “Comitato d’Azione Maltese” sotto la presidenza di Carlo Mallia, dell’Università di Malta, che, perseguitato dagli inglesi, era stato costretto a lasciare l’isola; Carmelo fu ammesso nel comitato direttivo.

Carmelo fu l’ideatore e l’organizzatore di un viaggio collettivo a Predappio[5] nel mese di novembre, indossando tutti la divisa del GUF.

Era un generoso nonostante dovesse tenersi a freno nelle spese; il padre, arsenalotto, gli inviava metà dei suoi modesti guadagni, ma a Roma non bastavano. Il nostro si privava di qualche pietanza, ma non limitava la sua generosità.[6]

 

     Quando giunse esule a Roma Carlo Mallia fu nominato Consigliere Nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni in rappresentanza dell’Arcipelago Maltese. Contemporaneamente  fu pubblicato a Roma, direttore ancora Carlo Mallia, il battagliero giornale “Malta”, che era stato soppresso dagli inglesi nell’isola pochi giorni prima del conflitto; gli inglesi avevano inscenato anche  una rumorosa gazzarra, orchestrata da provocatori di osservanza albionica, che culminò nella devastazione della sede del giornale e nell’arresto del direttore Enrico Mizzi. Furono arrestati anche altri 49 maltesi filo-italiani, che poi insieme a Mizzi, che pure era un parlamentare, furono deportati in Uganda. Tra essi l’altro parlamentare sir Arturo Mercieca[7], il professor Giulio Cortis, dell’Università,  monsignor Alberto Pantalleresco, professore del Liceo, il direttore del Museo Vincenzo Bonello, i professionisti Alberto Laferla, Herbert Ganado e Berto Gauci, ma si deve ricordare anche il giovane Alberto Baiona.  Con  lo scoppio delle ostilità si ingigantirono le speranze e si alimentò l’irredentismo «Tutto questo determinò la deportazione, in Uganda, di oltre settecento maltesi esponenti della cultura italo-maltese».[8]Riportiamo alcuni nomi: Guido Abela, Alfred Bencini, Vincenzo Caruana, John Casabene, Charles Cheteuti, Joseph Cini, Emanuel Cossai, Frank Curmi, Antony Farrugia, Paul Felice, Charles Formosa, Emmanuel Galleri, Henry Gatt, Salvatore Gatt, Daniel German, Joseph Grech Marguerat, Edgar Laferla, Carmelo Lateo, Edgar Lateo, Joseph Laudi, Orazio Laudi, Salvatore Laudi, Georges Leprè, Joe W. Naudi, Charles Saffrette, John Sammut, Joseph Scicluna, Edgar George Soler, Vic Savona, Alexander Stilon de Piro. In Uganda furono deportati 600 maltesi, in condizioni igieniche insalubri e deleterie, dovendo sopportare pure la perniciosità di un clima infernale. 

 

     Il 30 maggio 1940, poco prima  dell’entrata in guerra dell’Italia, nel clima acceso ed effervescente della vigilia, Carmelo Borg Pisani aveva inviato a Mussolini un’appassionata lettera, mettendosi ai suoi ordini: « per il coronamento del mio grande ideale, quale è di vedere Malta resa all’Italia».

Il 7 giugno 1940 fu iscritto al Guf, e come se non bastasse, al Pnf[9]. L’intervento dell’Italia in guerra lo trovò decisamente schierato: «Malta  non è inglese che per usurpazione[10] ed io non sono suddito britannico che per effetto di questa usurpazione. La mia vera Patria è l’Italia. E’ dunque per lei che devo combattere».

L’annuncio di Mussolini alla radio della dichiarazione di guerra a Francia e Inghilterra diede spunto ad una incontenibile manifestazione filoitaliana a La Valletta. La sera stessa si diede inizio ai primi arresti; a cominciare da Enrico Mizzi e Arturo Mercieca.

 

     Tramite l’ambasciata  americana, che curava gli interessi  inglesi in Italia, Carmelo rinunciò alla cittadinanza inglese con una lettera assolutamente esplicita, anche se non del tutto formale:

 

…debbo dichiararvi che io, appunto perché italiano irredento, non ho più a che fare con le sorti dell’Impero britannico che avete avuto l’incarico di tutelare.

[…] vi prego di prendere nota una volta per sempre, che io, come tanti altri maltesi residenti nel Regno, ho il solo desiderio di essere lasciato indisturbato alla mia attività impegnata nella sacrosanta guerra italiana, che considero una vergogna del passato esser stato suddito britannico e che non desidero pertanto di essere protetto dagli Stati Uniti d’America.

 

     Perciò “gli inglesi, considerandolo straniero, lo avevano legalmente esonerato dal servizio militare”.[11] Il Foreign Office, ministero degli Esteri inglese, inviando per conoscenza al luogotenente governatore di Malta copie di documenti, così testualmente si esprimeva, riconoscendo che Borg Pisani non era più cittadino inglese “riguardo al passaporto inglese del sig. Carmelo Borg già cittadino maltese”.[12]

Tre giorni dopo l’apertura delle ostilità andò ad arruolarsi volontario, ma fu respinto alla visita medica per la sua fortissima miopia. Carmelo, assai amareggiato, però non si arrese. Insistette, bussò a molte porte, chiese potenti raccomandazioni per poter essere accettato in un qualsiasi corpo combattente.

 

     Nel frattempo a Malta altri studenti, ritenendo imminente la conquista dell’isola da parte dell’Italia - secondo una logica deduzione, sostenuta, tra gli altri strateghi, anche dal maresciallo Cavallero[13], ma che purtroppo non trovò conferma nella realtà, per molteplici considerazioni, non esclusi l’opposizione e l’ostruzionismo di vertici militari - avevano pensato di organizzare la prima accoglienza dei paracadutisti italiani, che, se fossero stati lanciati sull’isola avrebbero potuto, come spesso accade, atterrare in posti sparsi qua e là,  e quindi essere facile preda  degli inglesi prima di essersi riuniti in unità organiche. Perciò essi avevano organizzato una rete di case amiche dove i parà italiani avrebbero potuto essere accolti clandestinamente in un primo momento, se fosse stato necessario nascondersi.

Non contenti di ciò, come ci testimonia G. Olivier de la Scerri: « Passato un altro mese senza che accadesse nulla, pensai di scrivere un volantino dal titolo”A Frenchman’s Advise” (Consiglio di un francese). In cui un francese immaginario, vista la recente esperienza che dimostrava come gli inglesi abbandonassero con facilità i loro alleati, spiegava ai maltesi come i britannici, una volta partiti, non avrebbero mancato di bombardare Malta [......] l’idea era di invitare i maltesi a non cooperare con gli inglesi». [14]

Un altro giovane congiurato, Dino Borg volle ritoccare il testo del volantino che fu affidato a Enrico Briffa per farlo stampare clandestinamente da un altro camerata rimasto ignoto. Appena pronto fu affisso in posti strategici,  fu anche distribuito, non solo per posta, ma pure a mano. Avvenne così che lo studente Antonio Xerri - facente parte di un gruppuscolo filo-nazionalsocialista, collegato con i fascisti clandestini - infilò una busta contenente il volantino nella cassetta della posta di un suo collega che egli riteneva simpatizzante, scrivendoci l’indirizzo a mano. Questo tale, invece, decise di consegnare il volantino alla polizia e spinse la sua delazione fino a riconoscere la calligrafia sulla busta in quella di un quaderno del suo compagno  di scuola, Antonio Xerri,  che fu subito arrestato. Dopo qualche giorno vennero scoperti anche gli altri quattro del gruppuscolo filo-nazionalsocialista, compreso il loro capo Karl Schranz. Gli inglesi, intanto, avevano fatto, e continuarono a fare, intensificandole, perquisizioni nelle abitazioni degli studenti del liceo “Umberto I” che si erano messi in luce come fascisti. A casa di Enrico Briffa furono trovati molti volantini e altro materiale compromettente; finirono arrestati anche Dino Borg e G. Olivier de la Scerri, poi condannati a quattro anni di lavori forzati, e gettati nella prigione cosiddetta “di Corradino”  a  Casal Paola (a sud di La Valletta). Successivamente furono deportati tutti in Uganda.

 

    Va osservato che la mancata occupazione dell’Arcipelago Maltese fu un grave errore, ripetutosi nel tempo. In ultimo «Mussolini ne fu dissuaso dal generale Rommel, imbaldanzito dalla sua avanzata in Egitto e per questo forte presso Hitler.».[15] Altro errore fu bombardare l’arcipelago da subito e con accanimento, poiché i maltesi, che prima erano in maggioranza favorevoli all’Italia fascista, invece, delusi, divennero ostili. In questo quadro contraddittorio va  letta la vicenda del fascismo clandestino maltese.

Carmelo Borg Pisani, intanto, continuava a Roma le sue richieste di raccomandazioni per ottenere di essere arruolato, come avevano fatto anche altri ferventi giovani fascisti maltesi.      

Finalmente, il 16 aprile 1941, per l’autorevole intervento  della Direzione Generale degli Italiani all’Estero, sollecitata da Umberto Biscottini,[16] segretario del Fascio di Malta, funzionario del ministero degli Esteri, amico ed estimatore di Carmelo, riuscì ad essere arruolato nella MVSN (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale). Fu inviato a Brindisi in forza alla 112° legione CC.NN. (Camicie Nere) pronta ad imbarcarsi. Il primo maggio partecipò all’occupazione di Cefalonia col suo reparto. Da lì scrisse una semplice cartolina ai camerati rimasti a Roma, il cui pur sintetico testo, giunto fino a noi, ci fa comunque intuire chiaramente l’entusiasmo che animava questo patriota: «Dalla terra conquistata, fascisticamente  vi saluto». Inviò cartoline dello stesso tenore anche a tanti altri camerati in Italia. «Scriveva a tutti, anche ai conoscenti più lontani, e a tutti sapeva dire una parola di incitamento».[17]

 

     Alla fine della campagna di Grecia, pur sofferente di un’infermità contratta in zona d’operazioni, rinunziò all’intervento che lo avrebbe guarito e, “senza perder tempo”, corse a  frequentare un corso della Scuola Allievi Ufficiali della MilMart ( Milizia di Artiglieria Marittima per la difesa delle coste e dei cieli) a Messina. Divenne sottocapomanipolo[18]. Frequentarono la stessa Scuola Allievi Ufficiali altri irredenti maltesi che è doveroso citare: oltre Carmelo Borg Pisani, Antonio Cortis, Paolo Frendo, Ivo Leone Ganado, Roberto Mallia, figlio del consigliere nazionale, Manoel Mizzi, Antonio Vassallo, Joe d’Ancona e Carlo Liberto. Tutti assunsero nomi di copertura.

Intanto si stava preparando intensamente lo sbarco a Malta, “Operazione C 3[19]. Carmelo Borg Pisani sentì prepotente il bisogno di partecipare in prima linea, volle contribuire alla preparazione di quella operazione che lo avvinceva profondamente. Si offrì di tornare clandestinamente nell’isola per dare un valido contributo di informazioni, ma anche per riprendere i contatti con i camerati isolani che avevano frequentato i corsi di cultura italiana e con persone i cui sentimenti fascisti non erano stati intaccati dalle vicissitudini belliche.[20]

Caio Borghi, questo il suo nome di copertura, era ben conscio del rischio a cui si sarebbe esposto e quindi volle scrivere il suo testamento spirituale: un atto purissimo di appassionato amore per la sua Malta e per la sua  Italia, che così concludeva:

 

     Ai camerati volontari, che della Malta di oggi e di domani sono la più alta espressione italiana, il mio pensiero affettuoso e il mio augurio più fervido.

     Ai camerati italiani che mi hanno assistito e particolarmente al prof. Biscottini che mi ha sempre confermato con la sua fede nei sentimenti che i genitori mi avevano instillato e al prof. Siviero […] il mio pensiero riconoscente e affettuoso

     Al Re e al Duce il mio ultimo pensiero, quello che va oltre la Vittoria per la grandezza della Patria immortale.

     Viva Malta italiana                                                                                                           Vostro

                                                                                                                                              Carmelo

 

    Divenne un agente del Sis (Servizio Informazioni e Sicurezza della Regia Marina). Si preparò quindi alla missione clandestina con il suo solito diligente e solerte impegno: allenamento e studio che si protrassero per mesi presso la base segreta di addestramento dei marinai dei mezzi  d’assalto della Decima Flottiglia Mas alla foce del fiume Serchio. Un lungo tirocinio in cui tra l’altro, acquisì dati tecnici per trasmettere e ricevere messaggi radiotelegrafici,[21] per segnalazioni luminose, per l’uso di cifrari, per l’organizzazione clandestina, per il riconoscimento di mezzi nemici, ecc. 

Il complesso di severissime esercitazioni, denominato ”Operazione 110° e 111°, cui venivano sottoposti i volontari prescelti per sbarcare a Maltacon funzioni di informatori, era diretto dal capitano di fregata Max Ponzo del Sis,[22]

Altri 34 irredentisti maltesi (12 ufficiali, 3 sottufficiali e 19 soldati)[23] contemporaneamente frequentavano il  Centro Militare “G” di Soriano del Cimino (Viterbo) per diventare guide da sbarco,[24] istruttore il capitano Cardenio Botti, espulso da Malta assieme a molti altri fascisti, nel 1933. Il Centro era diretto dal colonnello di Stato Maggiore Edmondo De Renzi, con cui collaborava il capitano Lamberto Negri,[25] che però poi, a guerra finita, nel clima di manicheo revanscismo antifascista, tentò ignominiosamente di far “punire” 32 dei 34 irredentisti maltesi avendo già all’epoca del cosiddetto armistizio del ’43 contattato l’Ambasciata britannica a Madrid. Altri documenti sui maltesi compromessi contro l’Inghilterra in Italia furono forniti dagli americani che li avevano acquistati da italiani indegni.

 

     Finalmente nella notte tra il 17 e il 18 maggio 1942, con favorevoli condizioni meteorologiche, Carmelo si imbarcò a Portopalo (Siracusa) sul MTSM 214 [26] della Decima Flottiglia Mas. La squadriglia di MTSM di base ad Augusta  era posta sotto il comando del tenente di vascello Ongarillo Ungarelli, e svolgeva incessanti attacchi nelle acque di Malta. Ungarelli volle accompagnare di persona il giovane “sabotatore-informatore” [27], coadiuvato dal sottocapo motorista Arnaldo de Angeli. Data l’importanza che si dava alla missione, il loro piccolo scafo, a cui si era aggregato un altro MTSM, il  218, fu scortato  dalla torpediniera “Abba” e dai Mas 451 e 452 fino a “distanza di sicurezza”, quindi gli MTSM 214 e 218 proseguirono nella loro rotta d’avvicinamento con i motori al minimo.  Per primo, dall’MTSM 218, fu sbarcato su un battellino gonfiabile (detto in gergo “tacchino”) il sottocapo palombaro Giuseppe Guglielmo, ottimo nuotatore del Gruppo “Gamma” della Decima , che si avvicinò alla costa rocciosa della baia di Marsa Scala[28], nella zona Sud-Est dell’isola, con il compito di esplorarla e di rilevare apprestamenti difensivi: ostruzioni, reti spinate, nidi di mitragliatrici, postazioni ecc. Disgraziatamente costui, sbarcato sulla costa, si attardò a prendere appunti e a tracciare  schizzi e non riuscì a ritornare sul suo MTSM, pur avendo questo mezzo atteso quasi un’ora oltre l’appuntamento previsto, mentre già spuntavano i primi chiarori dell’alba. Guglielmo fu in seguito fatto prigioniero dagli inglesi.

Nel frattempo l’MTSM 214 proseguì la sua rotta a lento moto, perché la scia fosforescente del motoscafo se fosse stato lanciato a più sensibile velocità sarebbe stata facilmente rilevata dai riflettori che sciabolavano le onde; il piccolo motoscafo si arrestò a circa 150 metri dalla scogliera, nella cala di Ras Id-Dawara, sotto lo strapiombo di Had-Dingli, (cirda 260 metri di altezza).      

Il punto di approdo era stato scelto dallo stesso Borg Pisani: quella cala si apre sulla costa sud-occidentale dell’isola,  un litorale roccioso e scosceso a sud di Casal-Dingli, (in vista dell’isolotto di Filfola); sotto la rupe si apre una caverna marina che Carmelo ben conosceva, in quanto ci era arrivato diverse volte nelle sue ardite escursioni adolescenziali. Questo particolare è stato ignorato da certi storici che hanno raccontato la vicenda di Carmelo Borg Pisani, arrivando a parlare di «..un’impresa concepita male ed attuata peggio » in una zona inaccessibile. È risaputo da storici più documentati, invece, che Carmelo aveva altre volte scalata la parete rocciosa, durante le sue escursioni di adolescente e che aveva raggiunto proprio quella stessa grotta.

     Gli scopi della missione erano molteplici: scoprire i movimenti di una nave fantasma, che, evitando ogni sorveglianza, di notte portava piccole, ma regolari provviste a Malta;[29] informare sulla situazione alimentare e morale delle truppe e della popolazione; scoprire se c’erano installazioni radio o radar  sullo scoglio di Filfola e sull’isolotto di Comino; scoprire gli obiettivi militari nell’isola di Gozo[30].

 

    Carmelo trasbordò sul battellino pneumatico e, la stessa notte, senza essere scorto, dopo breve esplorazione, approdò all’interno dell’antro e scaricò sopra un recesso pianeggiante, all’asciutto, 4 contenitori stagni con viveri e acqua per 20 giorni, una pistola, una bomba a mano, munizioni, radio rice-trasmittente, cifrario, batterie, medicine, alcuni rotoli di corda, benzina « ed infine banconote per un ammontare di circa 200 sterline, utili per compensare chi lo avesse aiutato»[31].

Va da sé che se il giovane volontario non avesse avuta una precisa conoscenza dei luoghi non avrebbe potuto rintracciare di notte una grotta marina, e invece più di uno scrittore addebita alla “superficialità”, o peggio “alla cattiva coscienza” di chi pianificò la missione il tragico fallimento; a smentita si possono riportare le affermazioni stesse di Stefano Fabei a pagina 92 quando registra che lo stesso capitano di fregata Max Ponzo, che era stato messo a capo dell’Ufficio D, lo speciale settore del Sis (il Servizio segreto della Marina) delegato alla preparazione ed alla costituzione di una cellula informativa a Malta, si trasferì da Roma a Porto Palo per seguire le esercitazioni pratiche di radiotelegrafia di Carmelo Borg Pisani, assistito da due sottufficiali marconisti.[32] Stefano Fabei ammette «Ponzo con il personale della missione rimase a Porto Palo in attesa dell’inizio dell’operazione. Durante la permanenza in quella località l’addestramento dell’informatore venne curato nei minimi particolari allo scopo di fargli raggiungere la massima efficienza fisica e professionale indispensabile per l’attività da svolgere. Anche l’attrezzatura e i materiali necessari per la missione furono preparati e controllati in maniera molto accurata»[33].Lo stesso capitano di fregata Max Ponzo volle imbarcarsi sulla torpediniera Abba che scortava la flottiglia diretta a Malta, va messo in risalto inoltre, come si ricorderà, che il sottotenente di vascello Ungarelli, comandante della squadriglia di MTSM di base ad Augusta, volle imbarcarsi sul motoscafo che trasportava Carmelo, come pure ammette lo stesso Fabei a pagina 94. Ma c’è di più: lo stesso rigoroso e ben informato Fabei ha riportato accuratamente a pagina 88: «Il corso di addestramento tecnico-militare  che egli seguì a Messina doveva fornirgli le competenze necessarie a spostarsi con una certa disinvoltura in una zona irta di asperità e all’utilizzo delle apparecchiature che gli sarebbero state date in dotazione. In teoria Borg Pisani non avrebbe dovuto avere grossi problemi a muoversi, a parte la forte miopia, in quanto fin da ragazzo aveva amato scalare le scogliere a picco lungo la costa ed esplorare le caverne create dalla corrosione dei flutti. Conosceva molti degli anfratti più nascosti dell’isola che aveva ripreso in suggestive fotografie».

È pur vero però che gravissime responsabilità sono da attribuire ai Servizi Segreti italiani e agli Stati Maggiori per non aver predisposto già prima del conflitto un’adeguata rete di informatori a Malta, gravissima deficienza che si ebbe purtroppo anche in tutti gli altri campi di azione all’estero.

 

     Ma il mare mosso aumentò di forza; un’onda anomala gli strappò via tutto, mettendo a repentaglio la sua stessa vita. Buona parte del materiale nei contenitori stagni fu in seguito ritrovato dagli inglesi.

Per due lunghi giorni tentò di trovare una via per arrampicarsi sulla parete a strapiombo; non aveva più il battellino, ma neanche a nuoto riuscì a ritrovare  un accesso che gli permettesse di  superare la parete a picco. Eppure ricordava di averlo percorso più di una volta nelle sue scorribande di adolescente.  Evidentemente il mare aveva demolito una qualche sporgenza nel decorso di quegli anni, rendendo la parete inaccessibile dal mare.  

Era stremato, digiuno, arso dalla sete, distrutto dalla fatica.

A smentita di chi ha ritenuto di affermare che Carmelo Borg Pisani non era sufficientemente preparato e dotato, va osservato ancora, per quanto riguarda l’allenamento, che Carmelo era diventato un buon nuotatore, ottimo si direbbe; infatti aveva superato egregiamente la prova terribile tra i frangenti delle forti ondate  all’interno della grotta col pericolo di essere sbattuto  sulle sporgenze delle pareti, non solo, ma portatosi poi all’esterno, aveva resistito a nuoto per quasi due giorni, cercando una via di approdo alla ripida parete a picco.

Ma Stefano Fabei incalza, a pagina 100 dell’opera citata, che: «l’avversa sorte volle che fosse sbarcato nel luogo meno adatto», dimenticando quanto si legge a p. 103: «Riferì che il punto di sbarco lo aveva scelto lui stesso in base al fatto che la zona era scarsamente vigilata». Per chi ignorasse il fatto che Carmelo ben conosceva quella grotta ed il passaggio per arrivarci via terra, può certo apparire strano che sia stato fatto sbarcare in quel sito, ma Fabei stesso ha ribadito – come s’è visto- le affermazioni di biografi più attenti a questo particolare.

 

     Dopo tre giorni di vani tentativi, l’Eroe stressato, spossato, assetato, affamato, si decise a chiedere aiuto; fu udito da un certo Robert Apap che lo riferì ad un posto di osservazione inglese  situato nelle vicinanze. Fu inviata una lancia di salvataggio a motore della Royal Air Force, che lo raccolse aggrappato ad uno scoglio. Preso in condizioni estreme, fu portato a Kalafrana e da lì venne trasferito in ambulanza all’ospedale militare di Mtarfa, dove tentò di farsi passare per Caio Borghi, ma il capitano medico anglo-maltese Tommy Warrington, che era stato suo vicino di casa e compagno di giochi a Senglea, lo riconobbe  e lo denunziò, con l’esasperato rancore dei rinnegati, dando così certezza ai persistenti dubbi degli inglesi su questo strano “naufrago”. Carmelo, invece, anima candida e leale, incapace di immaginare perfidia, ritenendo che l’amico d’infanzia maltese, che fingeva di aver conservata intatta l’antica franca e affettuosa amicizia lo avrebbe protetto[34], si confidò ingenuamente con l’antico compagno, che mentre gli dimostrava ancora amicizia, perfidamente  gli stringeva il capestro al collo. Warrington “gli fece portare brandy, pane imburrato e tè” e lo intrattenne cordialmente a lungo, “fino alle tre di notte”, in intimo e “affettuoso” conciliabolo, incitandolo callidamente a raccontare quanti più particolari poté e che poi riferì dettagliatamente al controspionaggio dell’Intelligence Service e che confermò pure, implacabilmente, in tribunale.

     Iniziò allora per Carmelo Borg Pisani una  tragica sequenza che lo portò, lentamente, alla realtà del capestro. Dimesso dall’ospedale, fu condotto in una “casa privata”, a Sliema al N° 11 di Ghar id-Dud Street, che era in realtà una delle tante sedi dell’Intelligence Service; agli arresti domiciliari” si disse,  ma sotto strettissima, continua vigilanza. Questi “arresti domiciliari” durarono sei mesi, durante i quali gli inglesi, fingendo blandi provvedimenti, speravano di convincerlo a “collaborare”.

     Carmelo chiese di parlare con un avvocato, suo cugino, di cui aveva fiducia e gli inglesi furono lesti ad accontentarlo dopo aver messo un microfono spia  e nella stanza accanto un ricevitore con uno stenografo che annotò tutto quel che si dissero.

 

     Perduta ogni speranza di appurare qualche elemento utile, il 7 agosto gli inglesi lo trasferirono in carcere. In effetti, Carmelo Borg Pisani agli inglesi serviva vivo, come ostaggio di rilievo, in previsione dello sbarco che sapevano si stava preparando; come pure servivano come ostaggi le personalità che avevano internato in Uganda. Quando poi il pericolo dell’invasione fu scongiurato, avendo lo Stato Maggiore Generale accantonato il progetto «e gli inglesi, sempre ben informati lo sapevano»[35], allora Carmelo fu consegnato ai giudici incaricati di condannarlo senza scampo al capestro.

Si sono fatti paragoni tra Borg Pisani e Cesare Battisti e anche con analoghe  tragiche vicende di altri Irredenti che si immolarono per la patria italiana. Sono riflessioni spontanee, suggerite dall’evidenza.

Durante la prigionia nel carcere di Kordin (Corradino) di Casal Paola, a breve distanza da La Valletta, incontrò un altro giovane camerata imprigionato dagli inglesi: G.Olivier dela Scerri e studiarono assieme un piano di evasione, progettando pure romanticamente una successiva fuga in Italia in barca a vela.[36]

Carmelo era stato interrogato a lungo, ripetutamente, anche dai più alti ufficiali del controspionaggio britannico e pure dal capo della polizia, i quali speravano di poter ottenere da lui una qualche, sia pur vaga, indicazione, un’informazione, magari apparentemente insignificante, che potesse farli risalire a più importanti progetti, che si sapeva essere stati approntati. Gli fecero balenare più volte una via di scampo se avesse collaborato; in particolare gli chiesero il cifrario per le comunicazioni via radio, ma tutto fu inutile.

Ma durante i sei mesi di prigionia, che dovette sopportare prima della condanna, Carmelo Borg Pisani, pur rivendicando l’orgoglio di sentirsi profondamente italiano e di aver combattuto per la sua vera patria, non fornì alcuna notizia di interesse militare o politico. E’ stato riferito che fu torturato per indurlo a parlare.[37] E gli inglesi, in verità, hanno dimostrato in tante occasioni di essere molto raffinati in questo genere di cose, aggiungendo alla brutalità di certi popoli il più avanzato traguardo della tortura psicologica, come ci capiterà di constatare anche nel seguito di quest’opera.

Il processo iniziò il 12 novembre e fu celebrato a porte chiuse per evitare una eventuale, clamorosa reazione di fascisti e simpatizzanti, che avrebbe potuto turbare la giuria, composta unicamente da giudici togati maltesi di proclamata osservanza britannica[38]. Fu anche proibito di integrare la giuria con  i giurati popolari, che invece erano e sono tassativamente  previsti dal codice maltese, sulla falsariga di quello britannico. 

Si ostinarono pervicacemente a considerarlo ancora suddito britannico, non si volle, pretestuosamente, tenere in nessun conto  la sua rinunzia alla cittadinanza ed al passaporto inglese, né l’acquisizione della cittadinanza italiana, consacrata dalla militanza nelle forze armate. Vollero invece incriminarlo perfino per aver combattuto contro la Grecia, che era  alleata dell’Inghilterra. La condanna a morte era stata scritta inesorabilmente prima ancora di cominciare.

Il 19 novembre 1942 Carmelo venne condannato a morte per cospirazione contro il governo di Sua Maestà britannica e per tradimento. Accolse la comunicazione sull’attenti.

 Bruciò la domanda di grazia.

Nella cella della morte Carmelo Borg Pisani disse ai presenti: «Non mi spiace di morire, ma sono amareggiato per la mancata invasione di Malta da parte dell’Italia».

Sulla porta della sua cella  aveva scritto col carbone: «I servi e i vili non sono graditi a Dio».

Credente, volle assistere alla messa celebrata prima dell’alba dai monaci dell’Arciconfraternita del Santo Rosario, preposti fin dal sedicesimo secolo al conforto dei condannati a morte. Dopo aver ricevuto i conforti religiosi, si avviò fra venti frati salmodianti al luogo del patibolo, camminando a passi lenti e cadenzati e pregando a voce alta, eretto nella persona, con le braccia conserte, rifiutando ogni aiuto e appoggio. Salì da solo sul patibolo, alzando la testa per sistemarsi meglio sotto il cappio, con i piedi proprio al centro del trabocchetto. Il boia Luigi Catajar fece scattare la leva che apriva il trabocchetto mentre il Martire elevava il suo grido: «Viva l’Italia!» nel silenzio glaciale.

Venne impiccato alle ore 7,34 di sabato 28 novembre nel carcere di Corradino. E lì giacque, confuso nella fossa comune  con i corpi di sedici malfattori giustiziati in carcere. Purtroppo ormai i suoi resti mortali sono stati dispersi nell’ossario del cimitero di Casal Paola per l’insipienza criminosa del Governo  di questa Italia ancora colonia americana.

Si è impedito così di poter dare una tomba al Martire da parte del competente ufficio “Onor Caduti”. Dopo oltre sessant’anni quest’epoca è ancora impregnata  di manicheo odio ideologico e pertanto incapace di giustizia e di civiltà. A Malta come in Italia.

Sulla fossa vuota sopravvivono, rigogliosamente super partes, geranei color carminio.

 

    All’epoca la notizia dell’esecuzione arrivò in Italia da un generico comunicato dell’agenzia Reuter; si pensò che fosse stato fucilato e così nella motivazione della  Medaglia d’Oro che gli fu conferita alla memoria, si parla di «piombo del plotone di esecuzione».

Ma per Carmelo Borg Pisani ci fu il capestro.

Gli inglesi, che si dichiarano “i cavallereschi paladini dell’onor militare” lo avevano assassinato, nel vano e presuntuoso tentativo di difendere la loro supremazia nel Mediterraneo e nel mondo.

 

    In Italia era accaduto che gli ufficiali  maltesi della MilMart (Milizia Artiglieria Marittima, per la difesa delle coste) erano stati destinati ai compiti d’istituto della specialità, ma mordevano il freno; il sottocapomanipolo Ivo Leone Ganado, particolarmente insofferente, chiese ripetutamente di essere trasferito al fronte per essere impegnato direttamente in combattimento contro gli inglesi, pur sapendo di rischiare l’impiccagione in caso di cattura. Dopo molte insistenze fu accontentato;  combatté in Africa Settentrionale. Ma se in Libia gli inglesi non riuscirono a catturarlo, non per questo rinunciarono a perseguitarlo nel dopoguerra, come vedremo.

In Rsi fu intestato al nome del Martire maltese il “Battaglione Borg Pisani”, costituito nel novembre 1943 a Porto Maurizio con combattenti provenienti d’oltre confine. Non si fece a tempo a  trasformare ufficialmente e burocraticamente il battaglione in  una “Legione d’Assalto Borg Pisani” con l’apporto degli oltre  duemila combattenti della Rsi provenienti d’oltre confine.

Alla Rsi aderirono tutti gli irredentisti maltesi che ne ebbero la possibilità materiale, “com’era logico e naturale”, almeno secondo il loro punto di vista. Cito tra essi  il professor Carlo Mallia e i giovani sottocapomanipoli della Milizia Leone Ganado e Camillo Bonanno.

Significativa, in particolare, la vicenda di Ivo Leone Ganado. Al suo ritorno a Malta, su richiesta del Tribunale, fu processato per alto tradimento e per altre imputazioni minori, il tutto aggravato dall’aver aderito alla Rsi, cosa che fu documentata con la testimonianza di ex-partigiani fatti venire apposta dal Veneto; « Le loro biliose affermazioni  non raggiunsero il segno  e fu tale il disprezzo del pubblico che chiesero di essere… protetti dalla polizia»[39] . Ma i tempi erano cambiati, questa volta ci fu una giuria popolare. I giurati votarono tutti e nove per la piena assoluzione del fascista, nove palle bianche a favore di Ivo; ma poi si accordarono per mettere nell’urna una palla nera, in modo  che ognuno potesse affermare  di aver votato in modo “politically correct”. Ancora una prova di…italianità dei maltesi. Ganado fu preso  affettuosamente in braccio dai maltesi che affollavano l’aula e portato in trionfo per il corso di La Valletta.

Ci furono altri  due processi; durarono 11 mesi, oltre venti imputati. 

Furono tutti prosciolti.

                                                                       

      Stefano Fabei ha ritenuto di dover scrivere nella prefazione del  volume: Carmelo Borg Pisani, citato:«Il patriota maltese non si immolò per un credo politico ma per un sentimento di italianità». Ma lo stesso illustre biografo ha pure scritto che: «Carmelo trascorreva gran parte del suo tempo alla Casa del Fascio, in via Santa Lucia aLa Valletta, dove gli sembrava di respirare un’aria più salubre»; che nel 1930 fu ammesso al Campo Dux, a Viareggio; che nel 1935, durante il conflitto italo-etiopico, Carmelo si imbarcò clandestinamente su una nave per andare a combattere; che diciottenne, fu prescelto per partecipare ad un concorso di Capo Centuria a Roma; che il 30 maggio 1940, poco prima  dell’entrata in guerra dell’Italia, nel clima acceso ed effervescente della vigilia, Carmelo Borg Pisani aveva inviato a Mussolini un’appassionata lettera, mettendosi ai suoi ordini: «per il coronamento del mio grande ideale, vedere Malta resa all’Italia»; che il 7 giugno 1940 si iscrisse al Guf e si iscrisse pure al Pnf; che Carmelo fu l’ideatore e l’organizzatore di un viaggio collettivo a Predappio[40] indossando tutti la divisa del GUF; che si arruolò volontario nella MVSN (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale); che da Cefalonia scrisse una cartolina ai camerati rimasti a Roma: «Dalla terra conquistata, fascisticamente vi saluto»; che .«Scriveva a tutti, anche ai conoscenti più lontani, e a tutti sapeva dire una parola di incitamento»;[41]che frequentò un corso per divenire sottocapomanipolo della Milizia Artiglieria Marittima; che scrisse nel suo testamento spirituale, lo ripetiamo per chi si ostina a non capire:

 

    Ai camerati volontari, che della Malta di oggi e di domani sono la più alta espressione italiana, il mio pensiero affettuoso e il mio augurio più fervido.

     Ai camerati italiani che mi hanno assistito e particolarmente al prof. Biscottini che mi ha sempre confermato con la sua fede nei sentimenti che i genitori mi avevano instillato e al prof. Siviero […] il mio pensiero riconoscente e affettuoso

     Al Re e al Duce il mio ultimo pensiero, quello che va oltre la Vittoria per la grandezza della Patria immortale.

     Viva Malta italiana                                                                                              Vostro

                                                                                                                                              Carmelo

 

     Evidentemente non è stato spiegato abbastanza che l’Italia nel 1942 era ancora per moltissimi, per quasi tutti, l’Italia fascista, l’Italia proletaria della lotta del sangue contro l’oro.

Si deve spiegare dunque a quei pochi che ancora non sanno, o si ostinano a non voler sapere, che Carmelo Borg Pisani non conobbe altra Italia che l’Italia fascista e da fascista convinto quale è sempre stato, si avviò volontariamente e consapevolmente sulla strada del martirio e si immolò per quell’Italia che lui ben conosceva e amava fino alla morte.

     Dopo, soltanto dopo, è venuta l’invasione. E con gli invasori sono arrivati i mistificatori, i defascistizzatori, meglio conosciuti come epuratori. Ma non si può consentire che si continui a voler epurare  perfino i Martiri e gli Eroi.

Ha scritto l’Eroe e Martire: «I servi e i vili non son graditi a Dio».



[1] Durante le guerre napoleoniche l’Inghilterra occupò provvisoriamente Malta, che faceva parte del Regno borbonico delle due Sicilie, per proteggerla da una eventuale occupazione francese: almeno così giustificò la sua intrusione. Ma poi ci restò definitivamente, completando così la sua catena di basi per la dominazione dal Mediterraneo, che stava per divenire, con l’apertura del Canale di Suez, la via principale  dei collegamenti con le sue colonie d’Oriente.

[2] Laurence Mizzi, Per il sogno della sua vita – Il sacrificio di C. Borg Pisani irredento maltese, Volpe Editore, Roma, 1981, p. 34: nel 1935 il governo inglese proibì ai maltesi di iscriversi alle OGIE. Il 4 giugno 1936 furono prese misure repressive anche contro l’Istituto Italiano di Cultura

[3] Stefano Fabei, Carmelo Borg Pisani, 1915-1942, eroe o traditore?, Lo Scarabeo, Bologna, 2007,  p. 19. Fabei ha ripreso ancora l’argomento sugli irredenti maltesi e su Carmelo Borg Pisani in un altro suo volume: La «legione straniera» di Mussolini, Mursia, Milano, 2008, pp. 270 e ss.

[4] Ibidem, p. 20.

[5] Paese natale del Duce.

[6] Guido Puccio, Vita di Carmelo Borg Pisani, Le Monnier, Firenze, 1943, p. 46-47.

[7] La moglie e la figlia vollero seguirlo nella destinazione segreta di internamento, come avvenne pure per altre eroiche donne.

[8]   Luciano  Fabris, I servi e i vili non sono graditi a Dio, su “Nuovo Fronte”, N° 183, maggio 1998, p. 5.

[9] Il Guf era il Gruppo Universitario Fascista, un’organizzazione particolare del Partito Nazionale Fascista. Essendo iscritto al Guf non sarebbe stato necessario iscriversi anche al Partito, si deve dedurre che Carmelo volle dare una formale conferma di fede.

[10] Carmelo Borg Pisani ribadisce l’usurpazione inglese, occupando Malta con la scusa di venire “in soccorso” all’alleato Borbone durante le guerre napoleoniche, ma per restarci tenacemente abbarbicata, in violazione di ogni diritto.

[11] Maria Nencioli, Un ultimo appello: “ I servi e i vigliacchi non piacciono a Dio”, sul “Secolo d’Italia” del 16.3.1990.

[12]  Neppure della chiara interpretazione del  Foreign Office, vollero faziosamente tener conto i giudici nel  processo del 1942. Cfr. Laurence Mizzi, Per il sogno della sua vita, cit., p. 48.

[13] Ma  Supermarima e l’ammiraglio De Courten non erano d’accordo, e questo atteggiamento non si riesce a spiegare con considerazioni strategiche, essendo ben chiaro che l’occupazione di Malta, posta sulla rotta dei convogli che andavano in Libia, era azione propedeutica ad ogni  nostra operazione militare in Africa. Il generale Emilio Canevari, nel suo, Retroscena della disfatta, a p. 850 e ss.,dimostra che nel 1941 Malta, ridotta allo stremo, era sul punto di capitolare. Un fatto sintomatico, ormai famoso perchè ripetuto da tanti, fu che l’Isola disponeva all’inizio soltanto di tre antiquati caccia biplani Gloster Gladiator, con classico humour inglese sarcasticamente soprannominati: Faith, Hope and Charity (Fede, Speranza e Carità). Ha scritto Stefano Fabei a p. 68 del volume citato: «Il capo di Stato Maggiore Generale, maresciallo Pietro Badoglio, da anni responsabile dell’ammodernamento e della preparazione  delle forze armate italiane, anziché inviare un corpo di spedizione a “liberare Malta dal giogo della perfida Albione”- come recitava la propaganda – ordinava violenti bombardamenti il cui unico effetto fu di rendere ostili all’Italia anche coloro che da questa avevano atteso di essere ”redenti ».. Furono 3.346 incursioni aeree.

L’ammiraglio Andrew Brown  Cunningham ha affermato che Malta era  «la chiave di volta della vittoria». E non si può pensare che De Courten e lo stesso Badoglio fossero così ciechi strategicamente da non vederlo. Si deve dedurre che fin da allora fossero in malafede. Le direttive segrete della Massoneria debbono aver avuto un peso fondamentale ben più ponderoso di quanto generalmente non si pensi.

[14] G. Olivier de la Scerri, L’ultimo incontro con Borg Pisani, su “Volontà”, N° 9 – Anno XXX – sett. 1991. Paradossalmente invece erano gli italiani a bombardare.

[15] ACTA dell’Istituto Storico Repubblica Sociale Italiana,  anno XV, N° 3, (46), sett.- nov. 2001,p. 2, “Militi d’oltremare”.

[16] Venne in Italia e ci restò anche il fratello Giuseppe Biscottini.

[17]  S. Fabei, Carmelo Borg Pisani…, cit.,  p. 59.

[18]  Grado della MVSN equivalente a sottotenente.

[19] Lo sbarco fu rimandato perché Hitler non ritenne di partecipare, volendo invece dare la precedenza ad altre operazioni militari, ritenute più impellenti, seguendo le irruente, ma troppo semplicistiche previsioni di Rommel. Il maresciallo Kesselring, invece, parteggiava per l’occupazione immediata di Malta.

Il corpo di sbarco a Malta prevedeva truppe speciali da sbarco: reggimento “San Marco”, battaglioni CC.NN. da sbarco, arditi ecc. con 270 mezzi da sbarco e una cinquantina di altri natanti, scortati da una trentina di siluranti, mentre il resto della flotta italiana sarebbe stata pronta ad intervenire dai porti di Messina, Reggio, Augusta, Napoli e Cagliari. Era previsto l’impiego di 9 battaglioni tedeschi e 51 italiani: di cui 35 Esercito, 10 MVSN, (Milizia), 4 Marina, 2 Aeronautica, in tutto 62 mila uomini, 1600 veicoli e 700 bocche da fuoco, trasportati su 33 grosse navi con adeguate scorte, e centinaia di alianti tedeschi, con l’appoggio di 1500 aerei, di cui 600 tedeschi.

[20] Non si può a questo punto non contestare quanto hanno scritto alcuni scrittori e in particolare, più recentemente, Stefano Fabei nel suo, pur pregevole per tanti altri versi, Carmelo Borg Pisani, cit., in cui sostiene e ripete, tanto nella prefazione, a p. 13, quanto nella quarta di copertina, e di nuovo ancora a p. 134, a conclusione dell’opera, che Carmelo Borg Pisani sarebbe stato « la vittima dell’incompetenza, della superficialità e della cattiva coscienza di chi, politico o militare, pianificando l’operazione, più o meno consapevolmente lo mandò incontro alla morte».  Si deve contrastare questa tesi che diminuisce la figura dell’Eroe e di altri combattenti e politici che si comportarono invece in maniera lineare e corretta, schierati lealmente in questo particolare episodio della lotta intrapresa dalla Nazione, come si dimostrerà nel seguito della trattazione.

[21] Intanto si stava installando in Sicilia a Porto Palo, nel punto più vicino a Malta, un’apposita stazione rice-trasmittente, che avrebbe dovuto ricevere i suoi messaggi.

[22] Ugo Franzolin, Borg Pisani eroe dimenticato, su “Storia Verità”, anno VI, N° 33, nov. dic. 2001.

[23] Cardenio Botti (uno degli animatori della comunità maltese) tenenti Camillo Bo­nanno e Oscar Consiglio; sottotenenti Archimede Izzi, Italo Consoli, Giuseppe Mazzola, Giovanni Mazzone e Mario Cherubino; Alberto Xerri Decaro, Manlio Liberto, capi manipolo della Mvsn; Cheteuti, un francescano C.M., cappellano della Mvsn; Franco Liberto, sergente; Enrico D’Ancona, Salvatore Marletta, Renato Strati, Guerino Giuffrida, Giuseppe Reitano, Vincenzo La Rosa, France­sco Merola - poi caduto nella Rsi - Giuseppe Marsala, Salvatore Marsala, Carmelo Marsala; Pietro Con­siglio, Palermo Navarra, Benzoni, Mulè, Tiralongo, Pardo, Fucile. Ma molti altri maltesi hanno combattuto nei ranghi della Rsi e sono caduti sul campo dell’onore, come il sergente della Gnr Francesco Merola Battaglione “Borg Pisani”, assassinato il 28 dicembre 1944, in un agguato a Badalucco, Monte Mezzaluna (Imola),  Sebastiano Ligresti, interprete, prelevato da slavi a Gorizia,  il 3 maqqio 1945, disperso.

[24]  ACTA dell’Istituto Storico Repubblica Sociale Italiana,  cit., p. 2, (**).

[25] Un ufficiale di cavalleria, un aristocratico della nobiltà nera. Ha scritto Fabei che quando Badoglio intavolò a Lisbona trattative per giungere all’armistizio con gli Alleati, pare che uffi­ciali italiani presso la nostra ambasciata — tra i quali si è detto che ci fosse anche il capi­tano Negri — avessero consegnato all’Intelligence Service l’elenco nominativo dei maltesi arruolati nelle Ffaa italiane. E aggiunge: « Se questa collaborazione con l’Intelligence Service risponde a verità — come tutto con­corre a confermare che lo sia, anche da notizie da fonte Cap. Botti e S.Ten. Mario Cherubino, al quale il Negri inspiegabilmente confidò di aver escluso il suo nominativo dal famoso elenco —».   Cfr. Stefano Fabei, Per Malta, su “Nuova Storia Contemporanea”, Le Lettere, Firenze  Anno X, numero 2 Marzo – Aprile 2006.

[26]  MTSM (Motoscafo Turismo Silurante Modificato ) un veloce motoscafo, agile e manovriero, studiato per l’attacco col siluro, ma utilizzato anche per il trasporto e lo sbarco di sabotatori ed informatori sulle coste nemiche; era un battello molto più piccolo di un Mas, aveva motori Alfa Romeo molto meno rumorosi degli Isotta Fraschini dei Mas e quindi poteva più facilmente sfuggire alla sorveglianza del nemico.

[27] Vedi Sergio Nesi, Decima Flottiglia nostra…, Mursia, Milano, 1986, p.80; ma anche lo stesso Junio Valerio Borghese, X Flottiglia Mas, Garzanti, Milano, 1950, pp. 212-213.

[28] In cui si apriva, però, un varco di accesso praticabile da piccoli battelli di pescatori.

[29] Era il posamine Welschman. Cfr.  Laurence Mizzi, Per il sogno della sua vita, cit., p. 64, nota (3).

[30] Gozo fa parte dell’arcipelago maltese ed è a breve distanza dall’isola di Malta.

[31] Vedi Luigi Emilio Longo, I vincitori della guerra perduta, Settimo sigillo, Roma, 2003, p.187.

[32] S. Fabei, op. cit., p. 92.

[33] Ibidem, p. 93.

[34] Gli disse in dialetto maltese: «Meno male che ho incontrato te!» con un sospiro di sollievo.

[35] Cfr.  Laurence Mizzi, Per il sogno della sua vita, cit., p.71.

[36] G. Olivier de la Scerri, op. cit.

[37] Maria Nencioli, Un ultimo appello: “ I servi e i vigliacchi ...., cit.

[38] I tre giudici erano: Sir George Borg, presidente della Corte d’appello, il professor Edgar Ganado e il dottor William Harding. Campioni di servilismo, come ne abbiamo avuti tanti, in Italia.

[39] Camillo Bonanno, “ Divagazioni di un irredentista”  sul “Secolo d’Italia” del 2 aprile 1987, Italia, pallida madre perché abbandoni i tuoi figli maltesi?

[40] Paese natale del Duce.

[41]  S. Fabei, Carmelo Borg Pisani…, cit.,  p. 59.