Stefano Arcella

 

ALCUNI ASPETTI DELLA VITA CULTURALE A NAPOLI 

DAGLI ANNI ’30 AL 1943

 

Relazione per gli Atti del Convegno su “Napoli nel II conflitto mondiale”

Napoli, Sala dell’Emeroteca Tucci, 5 marzo 2005

 

 

Premessa

 

Mi sono già occupato della vita culturale partenopea e, in particolare, della Compagnia degli Illusi, poi divenuta nel 1934 Compagnia degli Artisti (1). I miei precedenti interventi hanno riguardato, in particolare, i rapporti culturali intercorsi fra i filosofi Julius Evola e Benedetto Croce, e la collaborazione di Evola all’attività culturale degli Illusi, la cui presidenza onoraria era ricoperta da Benedetto Croce (2), com’è documentato sia dalla stampa dell’epoca, sia nei documenti dell’Archivio di Stato di Napoli da me consultati.

 

Per entrare nel merito dell’argomento di questa relazione, occorre svolgere una disamina della vita culturale partenopea nel corso del Ventennio fascista, con particolare riferimento agli Illusi e ciò per vari motivi, concernenti la centralità e la preminenza del ruolo di questo sodalizio, in un arco temporale di 25 anni nell’ambito della vita culturale cittadina, nonché per lo stretto legame che intercorse fra la sua attività prima del conflitto bellico e, quella svolta durante gli anni della guerra.

 

In questo excursus, mi baserò su documenti inediti, da me consultati, conservati presso l’Archivio di Stato di Napoli nel “fascio”- in senso archivistico – della Prefettura di Napoli e risalenti sia agli anni ’30 che a quelli della guerra ’40-’43. Il quadro culturale partenopeo sarà completato dall’analisi delle caratteristiche generali della stampa cittadina - con particolare riferimento alle pagine culturali dei quotidiani – e da alcuni riferimenti ad altri aspetti, poco noti, della vita culturale partenopea, quali la rivista Mondo occulto, il movimento “amletista”, l’associazionismo teosofico ed antroposofico a Napoli negli anni del regime fascista.

 

 

Cenni storici sugli “Illusi”

 

La Compagnia degli Illusi fu fondata nel 1919 da esponenti della intellettualità, della borghesia e dell’aristocrazia cittadina: la marchesa Maria De Sanna, la principessa Margherita Compagna (che nel1941 era la Presidente delle Donne professioniste e Artiste), da Gianni Serra di Cassano, dal duca Antonio Carafa d’Andria, dall’avvocato Alfredo Catapano, da Giovanni Casella, da Raul de Luzemberger.

Negli anni del ventennio il sodalizio fu sicuramente il più dinamico centro culturale della città, promotore di manifestazioni d’arte e di cultura dal rilievo nazionale, rivaleggiando, per l’importanza delle manifestazioni che vi si svolgevano, con il “Convegno” di Milano ed il “Lyceum” di Firenze.

Ogni anno nella sede di via Crispi - ove ora è ubicato il cinema Ambasciatori – si svolgevano mostre d’arte, convegni di poesia, dibattiti letterari ; memorabile era rimasto, ad esempio, quello fra “Strapaese” e “Stracittà” sostenuto agli Illusi da Curzio Malaparte e Massimo Bontempelli.

Fra le manifestazioni artistiche, vanno ricordate la I mostra d’arte napoletana al Palazzo Reale di Napoli nel 1921, le rappresentazioni classiche nel Teatro di Pompei nel corso del 1926 con l’intervento del Re, le celebrazioni leopardiane a Villa “La Ginestra” alle falde del Vesuvio e nella Chiesa di S.Vitale a Fuorigrotta nel 1937.

Nel campo della promozione della poesia, va menzionato il Premio di Poesia “Golfo di Napoli”, una manifestazione d’importanza nazionale, promossa dagli Illusi, nella quale la giuria era composta dal Ministro Alessandro Pavolini, da Filippo Tommaso Marinetti, da Romagnoli e Simoni, da Murolo, Bovio, Vico Pellizzari e Carlo Nazzaro e che assegnò il premio al poeta Paolo Buzzi.

 

Numerose furono le conferenze di illustri accademici nel campo artistico, storico e letterario, fra le quali ricordiamo quelle di Bontempelli, Marinetti, Papini, il famoso archeologo e classicista Amedeo Maiuri, il romanista  Pietro De Francisci che fu, dopo Gentile, Ministro dell’Educazione Nazionale nonché autore di profonde opere sulla romanità, quali Civiltà romana del 1939 (edito dall’Istituto nazionale fascista di cultura) e la ponderosa opera Arcana Imperii.

 

Sul piano filosofico, vi furono le conferenze di Giovanni Gentile e di Adriano Tilgher - quest’ultimo, per la verità, fortemente contestato e poi criticato dalla stampa fascista – nonché di Julius Evola, del quale ho avuto modo di illustrare il contenuto di 2 conferenze, la prima sul tema Superamento del Romanticismo nel 1931 (che contiene in nuce tutta la tematica che molti anni dopo verrà sviluppata in Cavalcare la tigre), mentre la seconda, nel 1937, affrontò il tema Il mondo moderno quale crisi, nella stessa fase in cui curava la traduzione e la pubblicazione, per la Hoepli di Milano, della Crisi del mondo moderno di René Guénon, il pensatore tradizionalista francese che, peraltro, collaborava alla pagina culturale Diorama Letterario, diretta da Evola sul quotidiano  Regime fascista del gerarca di Cremona Roberto Farinacci.

 

Si trattava, dunque, di un sodalizio aperto alle maggiori espressioni del pensiero filosofico del tempo ed ai maggiori temi di dibattito che segnavano la cultura italiana ed europea di quegli anni; un centro culturale che al dinamismo univa una forte impronta di pluralismo culturale - particolarmente significativa nel quadro di un regime totalitario e di un partito unico che si identificava con lo Stato -  vista la  diversa estrazione ed i diversi orientamenti di pensiero che  connotavano i vari intellettuali che parlavano agli Illusi.

La consultazione, presso le Emeroteche cittadine, dei quotidiani Il Mattino ed il Roma degli anni ’30, consentono di verificare agevolmente che i comunicati stampa degli Illusi erano frequenti, talvolta anche 2 o 3 alla settimana, così come frequenti erano le recensioni giornalistiche sulle manifestazioni artistiche e culturali della Compagnia.

 

Altre manifestazioni della vita culturale, fra movimenti esoterici  ed egemonia culturale crociana.

 

In quegli stessi anni, veniva pubblicata la rivista Mondo occulto, diretta da F. Zingaropoli che scriveva anche sul Mattino; essa  si occupava di una vasta gamma di discipline, dall’esoterismo alla parapsicologia, allo spiritismo e che recensì diverse opere di Evola, quali La Tradizione Ermetica e Il Mito del sangue, mostrando di avere grande stima per il filosofo romano.

In quegli stessi anni, si diffuse, soprattutto a Napoli ma anche a Roma, un singolare movimento artistico-esoterico, quello dell’Amletismo, di cui parla Evola in un articolo pubblicato il 21 aprile 1925 sul quotidiano Il Mondo diretto da Giovanni Amendola e da me consultato in originale presso l’Emeroteca della Biblioteca Nazionale di Napoli. Si trattava di un movimento che reinterpretava l’Amleto di Sheakspeare alla luce della dottrina taoista e dell’importanza che in essa ha il principio cosciente quale principio esplicativo della realtà, vista come un sogno prodotto dalla coscienza stessa, la quale, poi, in fondo al suo sogno, ritrova se stessa, oltre ogni velo di illusione.

Il conte Edoardo Garin di Corconato, di origine provenzale, fondatore del movimento, aveva casa a Napoli e, a leggere i suoi scritti, si occupava anche di esperimenti del paranormale e di una forma di spiritismo che chiamava “spiritismo terapeutico”, con l’intento di aiutare gli ammalati nelle loro sofferenze. Può sembrare un fenomeno bizzarro ed in effetti lo è, ma è indicativo del clima culturale di un’epoca in cui lo spiritismo era in voga, ed il paranormale suscitava interesse, perché visto come alternativa e reazione al positivismo di fine ‘800, perdurante agli inizi del Novecento.

Contemporaneamente, si diffondevano i circoli teosofici , sebbene ristretti, nei quali si leggevano le opere dell’esoterista Rudolf Steiner ed i numeri della rivista Ur, diretta da J. Evola. Presso l’Archivio di Stato di Napoli ho ritrovato il  rapporto che un anonimo confidente di polizia inviò, nel 1928, alla Questura, per informare le autorità delle letture e delle conversazioni che si svolgevano in questo circolo teosofico vomerese, composto di poche persone. Tutto ciò che esulava dalla cultura cattolica ufficiale, veniva osservato e controllato con vigilanza occhiuta e con spirito diffidente (3).

Si trattava, comunque, di fenomeni fortemente minoritari e marginali, mentre la vita culturale ufficiale della città era dominata dalla statura culturale di Benedetto Croce, dal suo pensiero filosofico, dal suo impegno storiografico e di critica letteraria. La Critica di Croce usciva in modo sistematico ed era un punto di riferimento per i ceti colti della città. La metodicità crociana, unitamente alla complessità ed alla vastità del suo pensiero, aveva contribuito non poco all’instaurarsi di una egemonia culturale che, con la sua “religione della libertà”, doveva, prima o poi, entrare fatalmente in contrasto con la cultura ufficiale del regime. Il punto di attrito si ebbe proprio agli Illusi, di cui Croce era il presidente onorario, pur non impegnandosi personalmente nella vita e nell’attività del sodalizio.

 

La crisi degli Illusi a metà degli anni ’30 e l’intervento del regime.

 

Se si vuole studiare seriamente quel momento storico della vita napoletana, non si può tacere che, dalla consultazione dei quotidiani dell’epoca, dall’analisi dello stile che segnava i comunicati del sodalizio - che avevano spesso un tono enfatico -  dall’alternanza di eventi culturali con manifestazioni spiccatamente mondane, dalla estrema eterogeneità  dei contenuti delle conferenze  letterarie e filosofiche, si coglie una contraddizione netta fra gli orizzonti dell’alta borghesia cittadina - la borghesia colta, perbenista e mondana – e gli indirizzi culturali del fascismo al potere. Si ha, in altri termini, la netta sensazione che questa borghesia cittadina non aveva colto il senso e la portata del cambiamento impresso dal fascismo, un cambiamento che può essere discusso e legittimamente rifiutato nei suoi contenuti, ma che, di certo, non può essere ignorato, in sede di ricostruzione storiografica.

L’aspirazione ad un’Italia imperiale, virile e guerriera implicava, necessariamente, un mutamento di stile e di clima psicologico e culturale, nel mentre questa borghesia dava l’impressione di pavoneggiarsi, in chiave di immagine mondana, con le sue conferenze altisonanti e le sue manifestazioni artistiche. Mancava, insomma, un coinvolgimento nel nuovo indirizzo del fascismo, che rimaneva alla superficie della società, senza incidere profondamente.

 

Nel 1934 gli Illusi registrano un momento di forte crisi e di attrito col regime fascista, dal momento che le relazioni – riservatissime – delle autorità locali – il Questore e l’Alto Commissario per la Città e la provincia di Napoli – alla Segreteria del Capo del Governo contengono giudizi molto severi sul conto del sodalizio.

 

Nel complesso – scrive il Questore di Napoli all’Alto Commissario in una relazione “riservatissima e urgente” del 1° luglio 1934 – poiché la Compagnia è composta da gente “snob”, tutte le manifestazioni della Società predetta risentono del carattere intrinseco dei suoi componenti: l’attività che svolge sta a mezzo tra la cultura e la mondanità; troppo appesantita da una inutile pompa culturale per avere una vera attività mondana, la Società svolge poi una attività troppo leggera e svagata per avere un qualsiasi valore intellettuale …Il giudizio che i conoscitori danno sulla detta Società, non appare del tutto inesatto: il ritrovo cioè di tutti gli smaniosi di farsi notare, il luogo di convegno di tutte quelle donne che, non appartenendo alla categoria degli intellettuali né a quella delle donne eleganti, amano averne l’apparenza …Ma se tali sono gli aspetti negativi dell’istituzione, occorre pur dire che, comunque, la Compagnia degli Illusi svolge a Napoli una certa attività, che non sarebbe possibile troncare senza suscitare molto disappunto da parte dei numerosi soci e senza provocare sensibile scontento soprattutto nelle famiglie signorili che, a conoscenza della vera natura e portata dell’ attività della Compagnia, quasi certamente giudicherebbero troppo severo un tale provvedimento …”

 

La crisi era stata determinata da alcuni articoli molto critici che, qualche mese prima, erano stati pubblicati sulla stampa cittadina nei riguardi degli Illusi e che avevano richiamato l’attenzione della Segreteria del Duce la quale chiedeva alle autorità locali di essere informata su ciò che realmente accadeva a Napoli.

La città era pur sempre il regno – in termini culturali – di Benedetto Croce, mentre il costume dell’alta borghesia partenopea , nei suoi aspetti deteriori – che certamente non esauriscono il quadro delle potenzialità cittadine, per altri versi molto positive – suscitava l’inquietudine e l’insofferenza del regime. Le “mollezze borghesi”, secondo il linguaggio fascista, erano lontane e contrastanti rispetto allo stile austero e combattivo che il regime voleva imprimere all’Italia.

 Tuttavia, il regime aveva bisogno di consolidare i suoi spazi di consenso e quindi avvertiva la necessità di non suscitare attriti sociali troppo marcati; occorreva, insomma, una soluzione di mediazione che contemperasse l’ideologia di regime con il peso sociale di vari ceti.

 

La relazione del Questore all’Alto Commissario e di questi alla Segreteria del Duce incontra l’accoglimento del regime, nel senso di tenere in vita il sodalizio, ma provvedendo a riformarne l’attività culturale ed il “tono” generale in senso conforme alle finalità ed alle direttive del fascismo. 

Una “nota” riservata dell’Ufficio Stampa del Capo del Governo del 17 luglio 1934, rivolgendosi all’Alto Commissario, dice testualmente:

 

La Società è venuta meno al suo fine perché non ha sentito l’influsso del nuovo clima creato dal Regime anche nel campo letterario, perché in essa è mancato l’elemento vivificatore e giovane capace di sane e feconde energie, perché i vecchi esponenti, legati a persone o a norme che appartengono al passato, incapaci di evolversi, han rifuggito dall’aggregarsi nuovi elementi vitali” (4).

 

Nel documento si esprime l’orientamento volto a “ricondurre la Società a quelli che sono i suoi fini, mediante l’apporto in essa di giovani energie fasciste che liberino il Consiglio Direttivo dalle scorie e dagli elementi discussi o legati a uomini del passato e la Società stessa dai soci politicamente “insicuri” ”.

Anche se nella nota non è detto in modo esplicito, si intuisce che quando si parla di “uomini del passato”ci si riferisce al passato liberale dell’Italia di età giolittiana e, in particolare, si allude proprio a Benedetto Croce, visto che questi – come del resto la relazione del Questore evidenziava – era il Presidente onorario degli Illusi, anche se non si impegnava in prima persona, essendo dedito ad una attività speculativa e di ricerca storiografica e letteraria di indiscutibile spessore. Il rinnovamento dei membri del Consiglio Direttivo con “giovani energie fasciste” doveva servire inoltre a mettere da parte la componente frivola ed ampollosa del sodalizio, per conferirgli un tono diverso, che fosse in sintonia con lo stile “marziale” del fascismo.

La nota si conclude con la direttiva all’Alto Commissario di prendere gli opportuni accordi col Federale del Fascio di Napoli.

La Compagnia muterà nome in Compagnia degli Artisti e già questo è un segnale che il regime vuole lanciare alla città; al fascismo non piace quel nome di Illusi, che esprime un senso di decadente compiacimento ad adagiarsi nelle illusioni (essendo coscienti che sono tali) dietro cui traspare uno scetticismo senile, crepuscolare, che potrebbe sfociare – è questo il timore del regime – in un atteggiamento di opposizione o, quanto meno, di “fronda”, di “disfattismo antipatriottico”, secondo il linguaggio tipico del fascismo.

 

E’ in questo contesto che si inseriscono le conferenze, nella seconda metà degli anni ’30, di Pietro De Francisci sul significato spirituale e sulle peculiarità della civiltà romana, quelle di Marinetti sullo “spirito” innovatore e modernista del futurismo, di Evola sulla modernità quale crisi spirituale dell’uomo e quindi sulla necessità di una “rivolta contro il mondo moderno”, per limitarci ad alcuni esempi salienti. Il regime cerca di dare la sua impronta culturale al sodalizio, favorendo la presenza di intellettuali che – seppure con diverse estrazioni – rientrano nel “clima” della trasformazione di stile e di mentalità che esso vuole imprimere all’Italia. 

Qui vanno fatte alcune considerazioni di ordine storico generale, sulla connotazione del fascismo e sulla sua oggettiva diversità rispetto ai regimi totalitari della Germania e dell’Unione Sovietica.

Il fascismo, in termini culturali, è un fenomeno complesso ed articolato che merita adeguati approfondimenti sul piano della storia della cultura e non soltanto sotto il profilo storico-politico. Si pensi a tutto il fermento culturale antiborghese, antidemocratico ed antiparlamentare delle riviste fiorentine del primo Novecento, alla lezione di D’ Annunzio sul rapporto fra estetica e politica, alla carica trasgressiva ed antiborghese dell’arte dadaista della quale Evola fu un esponente di spicco, allo spirito innovatore dell’arte e della letteratura futurista, al filone del tradizionalismo romano che parte da Arturo Reghini – esponente di spicco della massoneria e studioso del pitagorismo - e continua con Evola, in posizione di “critica da destra” al fascismo nella fase della rivista La Torre e poi di “lettura tradizionale” del fascismo nella fase della collaborazione al quotidiano di Farinacci. Sono tutte componenti che, insieme alle istanze di giustizia sociale di provenienza socialista ed alle tematiche del nazionalismo italiano di Corradini, confluirono poi – seppure in modi diversi – in quel crogiuolo, in quell’atmosfera complessa ed anche a volte contraddittoria, che fu il fascismo, talvolta con adesioni dirette – è il caso di Marinetti o di Pirandello – talvolta in posizioni di “consenso critico”come nel caso delle riviste di Bottai, talvolta con posizioni che possono definirsi di collateralismo dialettico (5).

Che l’intervento del regime sul sodalizio degli Illusi si estrinsechi in una pluralità di presenze culturali, di conferenze che esprimono diversi orientamenti, è cosa del tutto in linea con la complessità e la dialettica interna della vita culturale del regime.

E’ peraltro rilevante che, nonostante la durezza dei giudizi sugli Illusi, espressi dalle autorità fasciste nei documenti citati, il sodalizio non venga sciolto, ma riformato, a dimostrazione della diversità del fascismo rispetto al nazionalsocialismo tedesco o al comunismo sovietico staliniano, regimi nei quali quella durezza di giudizi avrebbe sicuramente comportato non solo la soppressione della Compagnia, ma probabilmente l’internamento dei suoi esponenti in un lager o in un gulag.

I documenti inediti che ho citato assumono quindi un rilievo documentariocce va oltre il dato della testimonianza sulla vita culturale partenopea per assumere il valore di testimonianze significative del rapporto, certo non facile, talvolta sofferto, fra regime e mondo della cultura e della mondanità.

 

La vita culturale negli anni del conflitto.

 

Il documento inedito su cui baso la mia ricostruzione è una relazione del 5 dicembre 1941 al prefetto di Napoli (6), su carta intestata della Compagnia degli Artisti ed intitolata Appunto sulla situazione artistica e finanziaria della Compagnia degli Artisti al dicembre dell’anno XX.

Nella relazione - conservata presso l’Archivio di Stato di Napoli nel “fascio” archivistico concernente la Prefettura – dopo aver sinteticamente illustrato l’attività svolta nel ventennio precedente, sono anticipate le grandi linee dell’attività culturale programmata per il 1942.

 

Per l’anno in corso – recita il documento – la “Compagnia” ha stabilito con l’Associazione Italo-Germanica appositi accordi di scambio culturale. I soci della Italo-Germanica sono invitati a tutte le manifestazioni del sodalizio di Via Crispi ed i soci della “Compagnia” sono invitati alle manifestazioni della Italo-Germanica.

Analoghi accordi di scambio culturale sono concordati con l’Associazione musicale “Alessandro Scarlatti” per i concerti che quest’ ultima svolge nella Sala della “Compagnia” di Via Crispi”.

 

Il documento non specifica quali siano state né quali saranno nell’anno successivo queste manifestazioni culturali, ma la consultazione dei quotidiani del tempo – Il Mattino ed il Roma – consente di affermare che nel 1941 vi furono le conferenze di Amedeo Maiuri su Capri in età romana, mentre il sodalizio, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Studi Romani organizzò varie conferenze sulla romanità e, in particolare, sulla concezione romana del Mediterraneo quale Mare Nostrum, in consonanza con la concezione mussoliniana della centralità strategica del mediterraneo per l’esito del conflitto bellico, visione molto diversa da quella hitleriana tutta centrata sulla dottrina del Lebensraum, lo spazio vitale nelle pianure della Russia (7). E’ evidente quindi l’intento del regime di dare un supporto culturale ed ideologico alla guerra marittima con l’Inghilterra che si stava svolgendo nel Mediterraneo, allo scopo di rafforzare il consenso popolare al conflitto bellico, consenso che, peraltro, declinò man mano che le notizie dai fronti di guerra divennero sempre più negative.

Dalla consultazione delle varie fonti, dall’osservazione del tono e dello stile di relazioni e comunicati stampa, si coglie  comunque un dato molto chiaro : nel 1941 si respirava ancora un’atmosfera di speranza nella vittoria militare, si contava molto sulla forza militare della Germania e quindi il regime mostrava ancora una sua stabilità. Che si potesse conversare sugli splendori della Capri del tempo dell’imperatore Tiberio o ascoltare dotte dissertazioni sulla concezione imperiale romana, significa che, nel complesso, si respirava ancora un’atmosfera di fiducia.

Napoli, in quel momento storico, essendo uno dei porti più importanti d’Italia, aveva un rilievo strategico nella guerra marittima con l’Inghilterra e quindi tutta la vita cittadina risentiva del clima dello scontro bellico e del ruolo della città nello scenario mediterraneo. Non è certo un caso che la Mostra d’Oltremare venisse inaugurata proprio in quel momento, nel 1941, a dimostrazione del ruolo della città nella visione fascista dei rapporti commerciali e culturali con i popoli del bacino del Mediterraneo. Si può anzi dire, senza tema di essere smentiti, che l’evento culturale più rilevante di quel momento storico, a Napoli, fu proprio l’inaugurazione della Mostra d’Oltremare, che va vista non solo come grande opera pubblica, ma quale testimonianza significativa dell’architettura e dell’urbanistica del regime, nonché dell’indirizzo artistico che si espresse nelle raffigurazioni, nei mosaici che tuttora si possono osservare alla Mostra d’Oltremare e che sono tutti improntati alla celebrazione delle virtù del popolo italiano, all’eroismo dei soldati ed alla laboriosità del ceto contadino.

Una strada come Viale Augusto è, ad esempio, con la sua linearità rispetto all’ingresso della Mostra, con lo spazio destinato al verde  fra una corsia e l’altra, l’esempio di una concezione delle strade e del disegno di un paesaggio urbano che può definirsi ecologista ante litteram, anticipando i grandi temi della difesa dell’ambiente, di una concezione della città a dimensione d’uomo, della priorità data alla programmazione della rete viaria rispetto allo sviluppo edilizio. Tuttora l’urbanistica e l’architettura hanno da imparare da quel modello che, per l’epoca, fu di avanguardia e rispetto al quale i caotici agglomerati di periferia che hanno contraddistinto lo sviluppo edilizio della seconda metà del Novecento a Napoli fanno una triste figura.

 

Tornando alla Compagnia degli Artisti, gli scambi culturali con l’Associazione Italo-Germanica ponevano la borghesia della “Napoli bene” in contatto con i contenuti dell’ideologia e della propaganda nazionalsocialista., cosa della quale evidentemente nessuno si scandalizzava, visto che questo scambio culturale veniva presentato dal sodalizio come un motivo di fierezza di fronte alle autorità. Va peraltro ricordato che dalla documentazione archivistica relativa a quel periodo, si evince anche la presenza, a Napoli, di una Gruppo napoletano del partito nazionalsocialista germanico che era in stretto contatto col Consolato tedesco ed aveva la sua sede in Via dei Mille, svolgendo attività di propaganda a sostegno delle ragioni dell’Asse (8).

Peraltro dalla relazione al Prefetto emerge la collaborazione con l’Istituto nazionale fascista di cultura che in quel momento era diretto da Giovanni Gentile e che svolgeva una funzione direttrice nei riguardi delle associazioni culturali italiane.

I quotidiani cittadini del tempo sono pieni di annunci e di foto relativi alle adunate del partito e della Milizia, a sottolineare un clima di mobilitazione del tutto comprensibile alla luce delle dimensioni e dell’entità dello scontro bellico.

La Compagnia degli Artisti continuerà la sua attività fino al 1943, fino alla caduta del fascismo.

Nel “fascio” archivistico della Prefettura ho rinvenuto anche la lettera che, nel 1942, la segretaria della Compagnia, addetta alla predisposizione degli inviti e dei comunicati, scrisse al Prefetto lamentando la mancata corresponsione degli stipendi ed invocando il suo intervento. E’ un segnale delle difficoltà crescenti in cui la guerra poneva il regime e la città, considerando che la Compagnia faceva affidamento su finanziamenti di enti pubblici, per intervento del partito. Il “sistema” scricchiolava e lo si vede anche da questi piccoli episodi.

Gli anni di cui stiamo parlando sono gli ultimi sprazzi di vitalità di un regime e di un certo tipo di Italia che anelava a giocare nella storia un ruolo imperiale e mediterraneo, inaugurava la Mostra d’Oltremare e si richiamava all’antica grandezza romana, agli splendori della villa caprese di Tiberio. Era un’aspirazione nazionalistica che di lì a poco si sarebbe rivelata un’illusione, tragicamente smentita dal corso delle vicende militari.

 

NOTE

1)      S. Arcella, Evola e la cultura napoletana degli Anni Trenta : nuovi documenti inediti, in Studi Evoliani 1999, Fondazione “Julius Evola”, Roma, 2001, pp.197-224.

 

2)      S. Arcella, Evola parla agli “Illusi”, Appendice a Lettere di Julius Evola a Benedetto Croce 1925-1933 (a cura di S. Arcella), Quaderni di testi evoliani n.28, Fondazione “Julius Evola”, Roma, 1995, pp.33-36.

 

3)      ASN, Prefettura di Napoli, fascio 378, IV, 7.32 “Federazione Europea Giovani Teosofi “Gruppo Sirio”.

 

4)      ASN, Prefettura di Napoli, Fascio. 402, IV, 7.6. Per la ricostruzione storica del versamento del fondo di Prefettura all’Archivio di Stato di Napoli, cfr. A. Portente, Le mostre come spunto per la redazione di nuovi strumenti di ricerca, in !946: la nascita della Repubblica in Campania, Atti del Convegno di Studi presso l’Archivio di Stato di Napoli (11-12 dicembre 1996), Archivio di Stato di Napoli, Napoli, 1997, pp. 277-280. Cfr. anche, ivi, M.Guardascione, F.Scognamiglio, A.Sica, Inventario analitico della IV categoria relativa a partiti e Associazioni dell’Archivio della Prefettura di Napoli serie gabinetto. Il versamento conservato presso l’Archivio di Stato di Napoli, pp. 281-358.

 

5)      ASN, Prefettura di Napoli, Fascio 402, IV, 7.6”Compagnia degli Artisti-Varie-manifestazioni”.

 

6)      Per una valutazione della complessità di questo panorama culturale, cfr. Esoterismo e fascismo (a cura di G. De Turris), Monografia della rivista Hera, Roma, ottobre 2003.Cfr. anche il testo di P.Rasulo - P.Bruni, Primato ovvero la sfida delle idee, Taranto, 2004.

 

7)      ASN, Prefettura di Napoli, Fascio 402, IV, 7.6.

 

8)      Per la strategia mediterranea di Mussolini, i rapporti col Medio Oriente e l’attenzione al mondo arabo, cfr. R. De Felice, La “guerra breve”:1940-41, in Mussolini l’alleato, Einaudi, Torino, 1998, pp. 198-276.                                                                                             

 

 

 

9)      ASN, fascio 350, IV, 6.18 “Gruppo napoletano Partito Nazionale Socialista Germanico”.