Il Fascismo clandestino e l'epurazione in Sardegna 1943-1046

Angelo Abis

Gia editrice, Cagliari, 2013

Fresco di stampa, è uscito il libro"Il fascismo clandestino  e l'epurazione in Sardegna 1943 -1946", di Angelo Abis, Gia editrice, Cagliari, 2013. L’Autore, ricercatore attento, saggista e storico, laureato in Scienze Politiche e specializzato in "Studi Sardi", ha scritto sulla partecipazione dei Sardi alla Repubblica Sociale Italiana, "L' ultima frontiera dell'onore. I sardi a Salò", Edizioni Doramarkus, Sassari 2009, in cui ha tracciato la storia dei diecimila Sardi che aderirono e combatterono per la Repubblica Sociale Italiana.
In quest'ultimo suo libro, Abis da storico impegnato, ma onesto, porta alla luce del pubblico la storia nascosta delle migliaia di Sardi che si trovarono in Sardegna bloccati dall'occupazione angloamericana e dalla cooperazione poliziesca del Regno del Sud, ma si organizzarono spontaneamente per combattere, in ogni modo possibile, l'invasore e per tenere fede ai propri ideali patriottici e fascisti: una storia fatta di tanti episodi, simili nell’estrinsecazione, ma slegati fra loro perché nati per germinazione spontanea e contemporanea in quanto sorti tutti in reazione all’invasione dello straniero.
In Sardegna si è potuto rilevare una partecipazione più alta di militari in servizio, di quanto non sia accaduto in altre zone dell’Italia invasa, ma non per questo è stata trascurabile l’attività clandestina dei civili, che ha interessato tutte le province della Sardegna, in maniera appassionata e costruttiva. La reazione dei militari, però, non sfociò in atti di aperta ribellione perché Mussolini volle risparmiare alla popolazione civile le rappresaglie, che inevitabilmente ne sarebbero seguite. E conseguentemente non ci fu alcun incoraggiamento e nessuna possibilità di appoggio logistico da parte della Repubblica Sociale Italiana. Ma c’è ancora di più, si è voluto evitare, almeno al Sud, lo strazio della guerra civile e la conseguente divisione cruenta e furibonda del popolo italiano, come, al contrario, è accaduto nella Repubblica Sociale Italiana, dove gli “Alleati” organizzarono, rifornirono appoggiarono e pagarono i partigiani perché scavassero profondo il fosso dell’odio.
Nell’avvincente, ben scritto e articolato libro di Abis vengono riferite, con rigore professionale, corredando di documentazioni corrette e dettagliate, non disgiunto , però, da una giustificata vena di impercettibile orgoglio sardo, i più importanti episodi di attività fascista clandestina, ma anche quei dettagli che servono mirabilmente a caratterizzare un’epoca e metterne a fuoco le difficoltà. L’Autore ha scritto: «La “morte della patria”non ci toccava […] I sardi non si sentirono” liberati” da chicchessia e dimostrarono verso gli alleati dignità e assenza, in linea di massima, di ogni forma di servilismo: niente ali di folla acclamanti a raccogliere caramelle, niente “sciuscià” e altre forme di degrado fisico e morale».
Sul  fascismo clandestino Angelo Abis ha onestamente giudicato: «Non fu un movimento di massa, ma pure abbastanza diffuso. Non presentò caratteristiche di tipo terroristico, né si estraniò dalla lotta politica e sociale che chiamava in causa il governo del Regno del Sud ed il governo militare alleato, trovando anche, se non alleati, almeno “vicini”e difensori insospettabili. Non fu puramente nostalgico, ma, anche se in maniera confusa e contraddittoria, proiettato nel futuro».
Altra peculiarità del fascismo clandestino in Sardegna è il suo immediato sorgere già  dopo il 25 luglio, il nostro Autore ha scritto: «I fascisti, clandestini, c’erano e come. Gruppi spontanei si erano costituiti sin subito dopo il 25 luglio: a Cagliari, Carbonia, Iglesias, Guspini, Sassari e Nuoro». Emergono fatti che basterebbero da soli  a dare consistenza al libro, ma la ricerca dell’Autore si è preoccupata anche di riportare i documenti in un blocco di verità storiche accertate e lasciate valutare al lettore per dargli la massima libertà di giudizio.
Ritengo utile accennare almeno alle vicende principali, tra le tante diligentemente descritte  dall’Autore.
L'intero 12° battaglione della Divisione paracadutisti "Nembo", comandato dal maggiore Mario Rizzatti  e alcuni reparti del 13° battaglione passarono in Corsica e, arrivati nel continente, aderirono alla Repubblica Sociale Italiana. Il battaglione fu impiegato strenuamente sul fronte di Nettuno; Rizzatti cadde eroicamente il 4 giugno 1944. Gli fu decretata la medaglia d’oro alla memoria. Gli altri reparti della Divisione Nembo rimasti in Sardegna diedero luogo a manifestazioni anche troppo esuberanti di fascismo, per cui le autorità regie furono costrette a smembrare d’urgenza i reparti e a trasferirne in seguito una parte nel continente. Altra attività fascista clandestina fu scoperta ad Osilo tra paracadutisti e militi della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.
 Il 3 dicembre 1943 un mas, partito da Olbia, con rotta verso Orbetello, veniva fermato al largo della Maddalena da carabinieri mimetizzati nell’equipaggio, vestiti da marinai. Era a bordo il console generale della Milizia Giovanni Martini, diretto a Roma, che portava con sé il verbale di costituzione del Partito Fascista Repubblicano Sardo, costituito a Sassari il 18 settembre 1943.
Nella notte del 21 marzo del 1944, mezzi navali britannici fermarono in alto mare una grossa barca a motore, con undici persone provenienti da Sassari e imbarcatisi ad Olbia, 4 militari e 7 civili. 
Furono scoperte le prove della costituzione del "Comitato regionale fascista", che aveva, tra l'altro, dato vita ad un giornaletto ciclostilato: "La voce dei giovani. Periodico clandestino di italianità e patriottismo redatto da gente onesta". Tra i promotori furono  individuati squadristi e gerarchi della federazione di Sassari e due ufficiali in servizio.. Lo stesso giorno 22  la polizia arrestò anche Antonio Pigliaru, Gavino Pinna, Vincenzo Scano, Cesare Berardi, Giuseppe Cardi Giua e il tenente Giovanni Russo. Riuscì a sfuggire all’arresto il sottotenente paracadutista Ugo Mattoni, che si rese latitante.  Erano i redattori del giornale clandestino citato. Va notato che fogli clandestini fascisti ebbero vita spontanea anche a Nuoro e a Cagliari.
Nei mesi successivi al fermo in mare a fine marzo, citato, furono scoperti parecchi tentativi di raggiungere l’Italia fascista, da Olbia; molti di essi, male organizzati e privi di mezzi, destinati al sicuro fallimento. Notevole invece per concretezza organizzativa il tentativo di traversata del Mediterraneo, con destinazione isole Baleari, preparato a Cagliari da un gruppo di ufficiali della Milizia, dei Vigili del Fuoco e del Regio Esercito, usando una motobarca ben attrezzata e fornita di acqua e viveri e di ben 800 litri di benzina sottratta agli angloamericani. Ma questo tentativo fu sventato il 28 aprile del '44 dai carabinieri. che da tempo tenevano sotto sorveglianza il gruppo.
Tra i promotori il comandante dei Vigili del Fuoco. I congiurati avevano tenuto contatto con l'Italia fascista attraverso la radio ricetrasmittente del Corpo. Il gruppo clandestino possedeva armi da guerra, tra cui un fucile mitragliatore con relative munizioni. Furono arrestati  un maggiore e un capitano, un addetto dei Vigili del Fuoco, un tenente colonnello di Cavalleria, tre ex ufficiali della Milizia contraerea, di cui due ex squadristi.
A fine marzo del '44 fu scoperta a Sassari la pubblicazione clandestina "Resurgo" .
In maggio-giugno fu scoperto ancora a Sassari il giornale "Il manganello" stampato alla macchia, «un vero e proprio giornale» secondo Angelo Abis; opuscoli stampati alla macchia e scritte murali comparvero anche a Nuoro e Cagliari. Sui muri dei centri abitati le scritte propagandistiche fasciste si infittivano. Solo a Cagliari, tra aprile e giugno del ‘44, furono denunciate nove persone.
Il fascismo clandestino nuorese era guidato dal giovane tenente dei guastatori Bruno Bagedda, che, d’accordo col maggiore Mario Rizzatti, avrebbe dovuto essere “prelevato” dai paracadutisti dello stesso maggiore Rizzatti, che aveva guidato l’intero battaglione in Corsica per continuare a combattere. Ma un grave incidente costrinse Rizzatti ad accelerare la ritirata rinunziando a “prelevare” Bagedda e i suoi guastatori ad Orosei. Bagedda restò inutilmente in attesa per giorni e giorni; non gli rimase che dedicarsi alla lotta clandestina. Altri dirigenti del folto gruppo clandestino di Nuoro erano: Martino Offeddu, ex federale di Nuoro, l’avvocato Mario Canio, il professor Manca, Giosuè Carta, il professor Mario Mereu ed altri. I clandestini di Nuoro, oltre alla solita attività con volantini e scritte murali, entrarono in possesso di una radio rice-trasmittente che aveva operato a favore del nemico. La rice-trasmittente si trovava in una villetta, a Siniscola, di proprietà di un certo dott. Mario Pesenti, il quale nel corso del conflitto: trasmetteva con la radio agli alleati informazioni sul passaggio delle navi nel golfo di Orosei. Permettendo così al nemico di silurare e affondare numerose navi italiane. Tra l’altro il Pesenti era intimo dell’ammiraglio Brivonesi, accusato nel dopoguerra di essere uno degli ammiragli “traditori”. All’arrivo degli angloamericani, una volta che il Pesenti ebbe vantata spudoratamente in pubblico la sua attività di traditore, alcuni fascisti del gruppo clandestino nuorese lo costrinsero a “collaborare”, mettendo a disposizione, oltre l’apparato rice-trasmittente, anche la sua villetta a Siniscola. Così Bruno Bagedda, da Siniscola, attivò i collegamenti radio direttamente con la Presidenza del Consiglio della Rsi, in particolare anche con il sottosegretario Francesco Maria Barracu. Concordò anche, direttamente con il cappellano padre Luciano Usai, il lancio di un gruppo di agenti speciali, che dovevano essere paracadutati a Bitti (Nuoro), in una tenuta della nonna di Bagedda,  ma, gli aerei tedeschi, che li trasportavano, sbagliarono obiettivo di parecchi chilometri.
Già nel gennaio 1944 si erano verificate a Sassari e ad Ozieri, violente manifestazioni di protesta con la partecipazione attiva dei fascisti, ma anche con la contemporanea presenza di agitatori comunisti. Oltre l’intervento dei carabinieri fu ritenuto necessario mobilitare interi reparti del Regio Esercito e proclamare il coprifuoco a Sassari, dove  furono arrestati una quarantina di manifestanti. Le conseguenze più gravi si ebbero a Ozieri, dove restò ucciso un dimostrante e furono feriti molti altri, quando la truppa ebbe l’ordine sciagurato di sparare sulla folla, concludendo poi con l’arresto di ben 182 persone.
A cominciare dal giugno del 1944. Su incarico di Barracu, il tenente cappellano superdecorato Padre Luciano Usai selezionò, un gruppo di volontari, tutti soldati sardi della RSI, i quali si paracadutarono dopo di lui tra giugno e novembre, in più riprese. Padre Usai, che stava cercando contatti per organizzare una rete di appoggi, fu arrestato da carabinieri del controspionaggio dopo breve tempo; gli altri vennero pure, in seguito, rintracciati e chiusi in un campo di concentramento. Il più alto in grado di loro, il tenente  medico Pietro Pischedda, riuscì ad evadere, ma, intercettato da una pattuglia di carabinieri, restò ucciso nel conseguente pretestuoso “conflitto a fuoco”. Pretestuoso perché è molto improbabile che il tenente Pischedda, oltre ad evadere, fosse riuscito anche ad armarsi
Sei giorni dopo l’ultimo lancio del gruppo Usai, si lanciò un altro ufficiale sardo, Gino Mamberti che non fu mai scoperto ed inviò assiduamente i suoi messaggi da Cagliari ai tedeschi fino alla fine del conflitto. Gli agenti speciali del gruppo Usai furono tutti processati nel marzo del 1945 dal Tribunale Militare Territoriale di Guerra della Sardegna con l’accusa di alto tradimento. Padre Usai si addossò tutte le colpe per salvare i suoi soldati, ai quali aveva consigliato di dire che erano stati ingannati, perché erano tornati in Sardegna solo per potersi ricongiungere con le loro famiglie. I giudici parvero credere alle dichiarazioni dei soldati, ma si videro costretti a trattenere Padre Luciano Usai nelle braccia della “giustizia”. Un  pubblico ministero ligio al codice penale militare di guerra, ne chiese la condanna a morte mediante fucilazione alla schiena, ma i giudici ritennero di applicare le attenuanti in considerazione delle sue alte decorazioni: fu condannato a trent’anni di carcere. Padre Usai venne rinchiuso nel penitenziario dell’Asinara, da dove uscì con l’amnistia del 1946, mentre i suoi camerati, benché assolti, dovettero scontare due anni di confino erogati dalla  faziosa Commissione per l’epurazione contro il fascismo.
Anche gli altri fascisti clandestini arrestati, a cui abbiamo accennato prima, furono deferiti al Tribunale Militare Territoriale  di Guerra  della Sardegna, che emisero verdetti moderati nonosttante che il Comando militare alleato subissasse il tribunale militare di lettere di protesta per l'atteggiamento troppo benevolo nei confronti degli imputati
Se queste son le note che più possono colpire la fantasia di certi lettori, Angelo Abis non ha trascurato di fare un quadro concreto e veritiero delle misere condizioni in cui versava la Sardegna al’epoca per l’incredibile deficienza o addirittura mancanza di tanti prodotti di prima necessità.
Un quadro altrettanto interessante dell’attività clandestina fascista  risalta dai documenti riprodotti nelle appendici. Molto interessante il quadro scaturente da una relazione della “Concentrazione dei partiti antifascisti” della provincia di Cagliari inviata al prefetto, Commentando questa lunga e dettagliata denuncia Abis così conclude: «Il fascismo sardo svolgeva un’intensa propaganda, anche se prevalentemente verbale, praticamente alla lce del sole, fra la popolazione, ma anche tra le forze armate che erano come vedremo , particolarmente recettive».
 Abis, nel ricostruire, l’attività fascista clandestina  a Cagliari e provincia, fa notare che, essendo stata Cagliari bombardata indiscriminatamente, la città si era spopolata. Gli sfollati, dispersi in provincia dettero luogo a molti nuclei spontanei separati, ma concordi nell’afflato di rinascita del fascismo; l’autore riporta quindi notizie dettagliate, citando moltissimi nomi degli aderenti, località e tante peculiarità degne di nota, ma riesce a non essere noioso, trasfondendo nel lettore la sua passione per la scoperta di tante verità nascoste.
Nel riportare la cronaca della manifestazione del 18 gennaio 1945 a Cagliari, contro la chiamata alle armi, Angelo Abis riporta anche la testimonianza scritta di Livio Sorresu, che vi partecipò, il quale ha scritto che, volendo gli studenti forzare il blocco di poliziotti in borghese, carabinieri. e militari del Regio..Esercito, schierati in Piazza Yenne, uno dei questurini ordinò ai militari di aprire il fuoco; i soldati sbigottiti rifiutarono di eseguire un ordine tanto disumano e molti buttarono l’arma in terra, mentre il poliziotto infuriato continuava a gridare: «…fuoco! Fuoco!». Ma i soldati, indignati, davano in escandescenze, e contemporaneamente accadde che « dal corteo un giovane lanciò loro una “Srcm”, bomba a mano in dotazione all’esercito, con una potente deflagrazione, ma di scarsa efficacia in guerra. Però al questurino piovve fra le gambe e l’effetto fu devastante. Dopo brevi tafferugli l’assemblea si sciolse e, salvo gruppi sporadici di irriducibili, la manifestazione si esaurì in quel contesto». Lo storico Abis riferisce la partecipazione anche di militari  e di comunisti e conclude con i nomi degli arrestati, il  deferimento al Tribunale militare  e le condanne. molto blande.
Materiale piuttosto interessante si trova in queste appendici in cui sono raccolti e commentati molti documenti, tra i quali ci sembra molto suggestivo citare il ”Memoriale sulla situazione in Sardegna al 17 marzo XXII” (Relazione del Comitato Regionale Fascista alle Autorità della RSI) sequestrato ai clandestini che avrebbero dovuto trasmetterlo, portandolo personalmente nella Repubblica Sociale.
Si commentano da soli gli “Articoli tratti dal giornale clandestino «La voce dei giovani».”
Di fondamentale importanza documentale la raccolta che va sotto il titolo “Il fascismo clandestino nella provincia di Cagliari attraverso le relazioni dei prefetti e le cronache del quotidiano «L’Unione Sarda»”.
La storia dell’epurazione in Sardegna  viene riportata tra le appendici, ma si spiega che il processo di epurazione al fascismo ebbe una portata di gran lunga superiore a quanto si sia voluto far credere, quando non addirittura si sia avallata la tesi di una eccessiva condiscendenza, ma si precisa che comunque, l’epurazione non fu una decisione autonoma, bensì era stata imposta dalle clausole del cosiddetto “armistizioresa senza condizioni”. Abis ci avverte che gli atti delle Commissioni provinciali per l’epurazione, depositati presso gli archivi di Stato, sono, al momento, inaccessibili. Almeno per ora, è possibile leggere qualche relazione prefettizia, ma è stata riportata anche la relazione della questura di Cagliari sull’assassinio del prof. Antonio Murgia, già epurato, ma sembra che non bastasse, ad alcuni elementi comunisti di Guspini.
Molti altri documenti sull’epurazione sono raccolti nel capitolo: «L’epurazione nelle cronache dell’”Unione Sarda”».
Documenti inerenti alla provincia di Sassari sono raccolti nel capitolo: “Il fascismo clandestino a Sassari nelle relazioni della questura, del prefetto e nelle cronache dell’”Isola”.
Tra le comunicazioni della Regia Questura di Sassari  al Ministero degli Interni, emerge quella del 1 luglio 1944, nella quale il questore delinea un quadro globale del fascismo clandestino, seppure indulgendo  conformisticamente  ad un gergo antifascista di maniera, che oggi ci fa un po’ ironizzare: «I sovversivi di oggi, cioè i fascisti ancora fermi nelle loro idee e devoti al cessato regime, ostentano inattività per tema di provvedimenti di polizia a loro carico, limitandosi a dare saltuariamente segni di sopravvivenza con opuscoletti stampati alla macchia e scritte murali, mentre in realtà vivono ai margini della confusa situazione politica facendo subdola e riservata propaganda, sempre vigili e pronti ad intervenire con i loro deprecati sistemi ove se ne presentasse l’occasione[.....]».
E l’occasione di cui parla la questura sembrò presentarsi agli inizi del 1945 quando negli ambienti del fascismo repubblicano si produsse grande euforia in seguito all’offensiva tedesca delle Ardenne, iniziata il 16 dicembre, ma anche per il discorso di Mussolini tenuto nello stesso giorno al teatro “Lirico” di Milano. Su tanta concorde euforia in Sardegna si innestò la rabbia per il richiamo alle armi delle classi tra il 1915 e il 1924; si ebbero distribuzioni di volantini che misero in allarme i carabinieri e la questura. Il 20 febbraio, poi, ci fu una manifestazione di un gruppo di richiamati a Sassari inneggianti al fascismo e a Mussolini,
Ma già dal 21 settembre 1944 il prefetto di Sassari aveva segnalato in una sua relazione che frasi di protesta e inneggianti al fascismo erano state tracciate sui muri delle case e sui monumenti.
Una relazione del prefetto in data 5 febbraio 1945, è più dettagliata sulle motivazioni delle manifestazioni contro il richiamo alle armi: «…Gli studenti hanno obbiettato che prima di rispondere al richiamo sarebbe necessaria la pubblicazione delle condizioni di armistizio imposte dagli alleati e le eventuali proposte di modifica delle clausole[…] ».
Un altro capitolo  delle appendici raccoglie  i comunicati dei quotidiani “L’Isola” e “L’Unione Sarda” e sul periodico “Sardegna Democratica” relativi a provvedimenti dell’epurazione.
Un ultimo capitolo riguarda il fascismo clandestino nelle cronache de “L’Unione Sarda”.

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Benito Neri

AbisAngelo Abis si è laureato in Scienze Politiche e specializzato in “Studi Sardi” presso  la facoltà di Lettere dell’Università di Cagliari. Si è sempre occupato di storia contemporanea, con particolare riferimento alla Sardegna.
Ha pubblicato nel 2009 il volume “L’ultima frontiera dell’onore. I sardi a Salò”, Ed. Doramarkus, Sassari.
È animatore e redattore della rivista mensile politico-culturale “Excalibur” dij Cagliari.