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MARIA PIGNATELLI E IL MIF Relazione di Benedetta de Falco |

la
fondatrice e l'anima del MIF. Nata a Firenze il 24 marzo del 1894 aveva
sposato in seconde nozze il principe Valerio Pignatelli. Alcuni giorni
prima di morire aveva cercato di consegnare, alla signorina Emanuela Travo
di Cosenza, l'archivio del MIF del quale era stata la segretaria generale
fin dalla sua fondazione. Non avendola trovata in casa incaricò l'avv.
Ugo Verrina, ultimo legale del MIF a Cosenza, di espletare le formalità
necessarie per il deposito degli atti nel locale Archivio di Stato,
deposito che venne regolarmente effettuato nel novembre del 1969. Maria
Pignatelli ed i suoi collaboratori avevano prestato particolare attenzione
al resoconto dell'attività del MIF costituendo un Archivio. Fin dai primi
mesi di vita il movimento si preoccuperà della propria
"memoria", sia ponendo particolare cura alla tenuta del
materiale documentario, cura che più volte sarà raccomandata alle sedi
periferiche, sia compilando minuziosi resoconti di ogni piccola attività.
Le 93 buste dell'Archivio del MIF, depositate come dicevamo poc'anzi nel
1969, restano per oltre un decennio nei depositi dell'Archivio di Stato di
Cosenza, e nessuno si preoccupa di consultarle o utilizzarle anche perché,
a primo acchito, esse appaiono di scarso interesse storico ed
archivistico. In realtà esse celavano una realtà sconosciuta e
insospettabile. Ma andiamo con ordine. La nostra storia ha inizio il 16
aprile 1944 a Gargnano, sul lago di Garda, al tempo dimora e sede del capo
del governo della RSI Benito Mussolini. Qualche giorno prima la
principessa, dopo aver attraversato le linee nei pressi di Cassino, munita
di un salvacondotto americano aveva raggiunto Roma con il pretesto di
visitare i figli gravemente malati. E' giusto chiedersi come mai la
principessa
tentava di raggiungere Roma. Bisogna andare indietro di
qualche anno, a quando le sorti della guerra volgevano al peggio e lo
Stato Maggiore dell'esercito ed il segretario del PNF, Scorza,
progettarono un piano per la resistenza ad oltranza alle spalle del nemico
in caso di invasione. Fu deciso di istituire, in accordo con il Duce, un
reparto speciale le "Guardie ai Labari" ed al comando di tale
organizzazione venne designato il principe Valerio Pignatelli.
delle truppe
aviotrasportate della RSI, Clemente Graziani, poi leader di Ordine Nuovo e
la giovane Carla Costa, l'agente "volpe azzurra" del Servizio
Speciale autonomo.
Maria Matthieu, Margherita Ferrari,
Ulla Grifeo Gravina, Lilla Barbieri, Vittoria Capece Galeota, Adriana
Guercia, Anna Montinari, Ninì Morone, segretaria della sede del MIF di
Portici, Anna Tilena, la duchessa Zagari con le due figlia, Pia Gobbi.
Inoltre partecipavano ad alcune riunioni: Laura Leonetti di Santojanni, la
marchesa d'Aquino, Foscarina Borsaro Frongillo, Anna Buonocore, la
duchessa Bice Caracciolo d'Acquara, la principessa Maria Caracciolo di
Vietri. La sede del MIF era stata concessa gratuitamente dall'allora
sindaco di Napoli Buonocore e si trovava all'interno del Maschio Angioino.
Da lì partivano tutti gli interventi del gruppo napoletano del movimento.
Aristea Tosti ricorda: "Andai insieme con Maria Matthieu, Anna
Dinella e Marika de Giovanni al Carcere di Procida a visitare 21 detenuti
che gli inglesi avevano fatto prigionieri. Per attrarre l'attenzione, in
quanto erano stati dimenticati, facevano lo sciopero della fame". Ed
infatti nei giorni seguenti l'On. Gianni Roberti, su spinta del MFI, fece
una interrogazione parlamentare all'allora Ministro della Giustizia
Grassi. I giovani poi furono scarcerati. Nel penitenziario di Procida
all'epoca di fatti, siamo negli anni '48-'50, vi erano molti detenuti
politici per i quali il MIF si adoperò: Bonino Bonci, federale di Novara,
Giulio Baghino, ufficiale della X MAS, che fu poi deputato nelle file del
MSI ed è attualmente presidente nazionale dell'Associazione Combattenti
della RSI, Domenico Pisani colonnello della Guardia Nazionale Repubblicana
ed il colonnello Rocchi prefetto di Perugia che, una volta scarcerato per
intervento del MIF, fu ospitato in casa della contessa Zagari. Il MIF aiutò
anche Giuseppe Pizzirani, l'ex segretario del P.F.R., che venne a Napoli
appena uscito dal penitenziario di Livorno. Francesco Fatica proprio nel
volume "Mezzogiorno e Fascismo clandestino" ricorda che Maria
Monticelli si adoperò personalmente per cercare le salme dei soldati
della R.S.I. fucilati dagli anglo-americani a Nisida la mattina del
31/5/1944 e che erano state "trasportate al Cimitero della Pietà di
Napoli, con la formale qualifica di Ignoti ed il cartello "Non si
tocca - Interrato dal Comando Alleato". A loro sarà data cristiana
sepoltura solo nel 1953. Numerose furono le feste di beneficenza per
raccogliere fondi ed aiutare le famiglie cadute in disgrazia. Con questi
fondi fu aiutata (memoria Tosti) la famiglia di Domenico Tilena, ultimo
segretario del Partito Fascista di Napoli, all'epoca rinchiuso a Procida.
Il legale del MIF era l'on. Nando di Nardo che prestava gratuitamente la
sua opera prodigandosi per scarcerare i detenuti politici segnalati dal
Movimento. In più di una occasione alle riunioni del MIF erano presenti
Rachele e Vittorio Mussolini che all'epoca vivevano ad Ischia. Il ruolo
del MIF fu dunque determinante per quanti furono imprigionati, emarginati,
perseguitati per la loro fede politica. Questa massiccia mobilitazione
volontaria femminile si spiega solo se si pensa che durante il fascismo la
donna fu spinta a ricoprire un ruolo molto incisivo nell'ambito della
società: una donna, non solo moglie e madre, ma anche lavoratrice e
soprattutto membro attivo ed indispensabile della Nazione. Questa dunque
in sintesi la storia del MIF contenuta nelle polverose e dimenticate carte
dell'Archivio di Cosenza e raccolta da Roberto Guaraschi nel volume
"La lampada e il fascio".
Questa fu la storia che fece dire ad
Alessandro Pavolini: "Bisogna essere stati perseguitati, oppure avere
avuto contro di se la massa, per capire che cosa valga una donna nella
vita di un uomo".