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Atti del Convegno di Napoli (8 novembre 1998)

MARIA PIGNATELLI E IL MIF

Relazione di Benedetta de Falco

Benedetta de Falco è giornalista del "ROMA" e de "IL GIORNALE DI NAPOLI", sulle cui pagine scrive di politica e cultura. E' segretaria di redazione del periodico culturale IL CERCHIO. 
Ha particolarmente approfondito il tema del ruolo della donna e della condizione femminile durante il Ventennio e la RSI. Su tale argomento sta raccogliendo materiale per una monografia di prossima pubblicazione
 
Benedetta de Falco riceve le congratulazioni di Marisa Precchia
 
    Inizio con una considerazione che si è fatta strada in me proprio durante questa mattinata di studio. 
    La clandestinità fu una necessità, nata dalle persecuzioni rivolte a chi professava gli ideali del Fascismo, fu una condizione che si impose a chi non rinunciava all'Idea. Dunque fu una scelta dettata dalla necessità. Compiuta questa premessa dirò che ciò che più mi sorprende è che un gran numero di persone all'indovina dell'8 settembre del 1943 sentirono la necessità della clandestinità, o cioè per essere più chiari e scoprire tutte le carte, un gran numero di persone avevano un'Idea che non volevano tradire. Ed è proprio l'Idea non tradita che, nonostante tanta storiografia di parte, salva queste persone da tanti gratuiti commenti negativi. Tra le persone che sentirono la clandestinità una necessità ci furono molte donne, tante, tantissime donne con un'Idea. Alcune di queste si riunirono nel MIF, il Movimento Italiano Femminile Fede e Famiglia, che nei primi anni in cui operò fu un movimento di solidarietà clandestina. Sono trascorsi trenta anni dal 10 marzo del 1968, giorno in cui morì in un tragico incidente stradale, nei pressi di Cosenza, la principessa Maria Pignatelli di Cerchiara: mpignatelli.jpg (14772 byte) la fondatrice e l'anima del MIF. Nata a Firenze il 24 marzo del 1894 aveva sposato in seconde nozze il principe Valerio Pignatelli. Alcuni giorni prima di morire aveva cercato di consegnare, alla signorina Emanuela Travo di Cosenza, l'archivio del MIF del quale era stata la segretaria generale fin dalla sua fondazione. Non avendola trovata in casa incaricò l'avv. Ugo Verrina, ultimo legale del MIF a Cosenza, di espletare le formalità necessarie per il deposito degli atti nel locale Archivio di Stato, deposito che venne regolarmente effettuato nel novembre del 1969. Maria Pignatelli ed i suoi collaboratori avevano prestato particolare attenzione al resoconto dell'attività del MIF costituendo un Archivio. Fin dai primi mesi di vita il movimento si preoccuperà della propria "memoria", sia ponendo particolare cura alla tenuta del materiale documentario, cura che più volte sarà raccomandata alle sedi periferiche, sia compilando minuziosi resoconti di ogni piccola attività. Le 93 buste dell'Archivio del MIF, depositate come dicevamo poc'anzi nel 1969, restano per oltre un decennio nei depositi dell'Archivio di Stato di Cosenza, e nessuno si preoccupa di consultarle o utilizzarle anche perché, a primo acchito, esse appaiono di scarso interesse storico ed archivistico. In realtà esse celavano una realtà sconosciuta e insospettabile. Ma andiamo con ordine. La nostra storia ha inizio il 16 aprile 1944 a Gargnano, sul lago di Garda, al tempo dimora e sede del capo del governo della RSI Benito Mussolini. Qualche giorno prima la principessa, dopo aver attraversato le linee nei pressi di Cassino, munita di un salvacondotto americano aveva raggiunto Roma con il pretesto di visitare i figli gravemente malati. E' giusto chiedersi come mai la principessaValerio Pignatelli tentava di raggiungere Roma. Bisogna andare indietro di qualche anno, a quando le sorti della guerra volgevano al peggio e lo Stato Maggiore dell'esercito ed il segretario del PNF, Scorza, progettarono un piano per la resistenza ad oltranza alle spalle del nemico in caso di invasione. Fu deciso di istituire, in accordo con il Duce, un reparto speciale le "Guardie ai Labari" ed al comando di tale organizzazione venne designato il principe Valerio Pignatelli.
 All'indomani dell'8 settembre questa organizzazione ebbe necessità di ricevere istruzioni dal Duce e così fu scelta Maria Pignatelli che, in quanto donna, avrebbe sortito meno sospetti. Nella capitale la principessa si recò da alcuni amici e da lì, a cura dell'ambasciata tedesca, venne trasportata in aereo a Gargnano, dove finalmente incontrò Benito Mussolini.
    Su questo colloquio, fino ad oggi, non è trapelato nulla, ad eccezione di alcune supposizioni mai avallate da prove concrete. Ma durante il primo congresso nazionale del MIF, tenutosi a Roma dal 3 al 5 gennaio 1950, la principessa "Il MIF nacque nell'aprile del 1944 sulle sponde di un lago. Là ci fu detto che a quelle donne italiane che erano state sole a non tradire si sarebbe dato il più alto riconoscimento e intanto ci si dava il più alto dei compiti: tener viva la fiamma ed intorno ad essa riunire e collegare gli italiani non dimentichi a compiere atti di solidarietà, fu detto: ritrovatevi nell'assistenza!". E fu proprio in quegli stessi giorni, strana coincidenza, che venne istituito il SAF, Servizio Ausiliario Femminile della R.S.I. La coincidenza del periodo, la sostanziale identità di intendimenti e di compiti, la esclusiva composizione femminile, fanno pensare che nelle intenzioni di Benito Mussolini, i due movimenti dovevano essere quasi due facce della stessa medaglia, destinato l'uno alle terre occupate, l'altro ai territori della R.S.I. Al rientro da Roma la principessa fu arrestata a Napoli e condotta, dopo ripetuti trasferimenti, al campo di Rimini dal quale evase trovando ospitalità in territorio vaticano, in casa della famiglia Gattoni. Sarà lì che, intorno alla principessa e a monsignore Silverio Mattei, si cominceranno a riunire un gruppo di donne con l'intento di organizzare azioni comuni per dare assistenza agli ex appartenenti alla R.S.I. Fu pertanto solo nel 1946, e precisamente il 28 ottobre, anniversario della marcia su Roma, che il MIF, elesse i suoi organi statutari: venne eletta in consiglio nazionale per la regione Campania Anna Dinella, di cui parleremo più avanti. Tra i primi compiti del MIF, che è opportuno ribadire agì durante i primi anni in semi clandestinità, fu quello di cercare le superstiti ausiliare che poi quasi sempre confluirono nel movimento. Il primo gennaio 1948 iniziarono le pubblicazioni, sotto la direzione di Amedeo Ambrosi, del giornale "Donne d'Italia". Il periodico intendeva essere l'organo di collegamento tra i comitati locali e dare spazio a quanti, tra scrittori e giornalisti, erano caduti in disgrazia avendo essi mantenuto fede agli ideali fascisti. Il ruolo politico svolto dal MIF fu in più di una occasione scomodo e oggetto di discussione con il MSI di Almirante, anche se molti iscritti al MIF erano poi anche iscritti al Movimento Sociale Italiano. Ma la collaborazione tra MIF e MSI verrà sancita più tardi, il 13 marzo 1952, da donna Rachele Mussolini, quando ella era presidente della Giunta Esecutiva Centrale del MIF. Ma il campo dove meglio di ogni altro il Movimento Italiano Femminile espresse appieno le proprie potenzialità fu indubbiamente quello educativo-assistenziale, in cui investì la quasi totalità delle sue energie. Il MIF tese dunque ad un duplice intervento: da una parte l'assistenza morale, giuridica e materiale agli ex appartenenti alla R.S.I., imprigionati in seguito a giudizio emanato dalle Corti di Assise Straordinarie (erano state istituite con Decreto Legislativo Luogotenenziale n.142 del 22 aprile 1945), e dall'altra l'aiuto ai latitanti e ai fuoriusciti dei quali venne favorito l'espatrio, se non addirittura il cambio di identità. Nell'Archivio di Stato di Cosenza infatti vi sono depositate le dettagliate relazioni che riguardano proprio le richieste di aiuto per i detenuti politici. L'assistenza ai detenuti consisteva nell'invio agli stessi di pacchi contenenti generi di prima necessità, sigarette, indumenti vari, oggetti di uso personale, sia nell'assistenza legale gratuita al fine di provvedere all'inchiesta di revisione del processo, alla difesa in prima istanza, al ricorso in Cassazione, alle richieste di grazia e libertà condizionale.
    All'assistenza diretta si preferì quella attraverso le famiglie con una specie di "madrinato" teso a favorire i contatti umani. Molti dei prigionieri una volta usciti dal carcere furono poi reinseriti nella società grazie alle stesse famiglie che se ne continuarono a prendere cura. Tra gli assistiti del MIF c'erano anche uomini molti noti: il maresciallo Rodolfo Graziani, il gen. Adami Rossi, Valerio Borghese, Edvini Dalmas Dini, comandanteCarla Costa delle truppe aviotrasportate della RSI, Clemente Graziani, poi leader di Ordine Nuovo e la giovane Carla Costa, l'agente "volpe azzurra" del Servizio Speciale autonomo. 
          
Nel gennaio del 1950 il Pontefice Pio XII concesse udienza alle appartenenti al MIF lodandone l'attività svolta. Infatti se il MIF poté nascere ed operare nei primi difficili anni ciò fu dovuto soprattutto alla collaborazione di larghi strati della gerarchia e del movimento cattolico. Chiese, canoniche, conventi furono più volte luogo di rifugio e di asilo per quanti ancora temevano le insidie della piazza o il giudizio dello stato democratico. Il MIF ebbe a Roma ed a Napoli nuclei di azione molto incisivi, anche come numero di soci. A Napoli nel 1948 infatti le iscritte erano 163, oltre ad un folto gruppo di nobili signore che erano moglie o figlie di uomini politici molto in vista all'epoca. Un dato certo è che molto fu fatto a Napoli e in Campania, soprattutto grazie alla completa dedizione di Anna Dinella, segretaria regionale del MIF. Non è stato semplice ricostruire l'esatta composizione del Comitato del MIF di Napoli. Attraverso i ricordi di alcune iscritte ho saputo che era così composto: Maria del Pezzo di Cajanello, presidente, consigliere Aristea Tosti Roberti, la duchessa Marika de Giovanni di Santa Severina, alla quale più tardi passò la presidenza, Virginia Vitolo, Elena Sgrosso, Maria Monticelli, Elena Rega,Elena Rega Maria Matthieu, Margherita Ferrari, Ulla Grifeo Gravina, Lilla Barbieri, Vittoria Capece Galeota, Adriana Guercia, Anna Montinari, Ninì Morone, segretaria della sede del MIF di Portici, Anna Tilena, la duchessa Zagari con le due figlia, Pia Gobbi. Inoltre partecipavano ad alcune riunioni: Laura Leonetti di Santojanni, la marchesa d'Aquino, Foscarina Borsaro Frongillo, Anna Buonocore, la duchessa Bice Caracciolo d'Acquara, la principessa Maria Caracciolo di Vietri. La sede del MIF era stata concessa gratuitamente dall'allora sindaco di Napoli Buonocore e si trovava all'interno del Maschio Angioino. Da lì partivano tutti gli interventi del gruppo napoletano del movimento. Aristea Tosti ricorda: "Andai insieme con Maria Matthieu, Anna Dinella e Marika de Giovanni al Carcere di Procida a visitare 21 detenuti che gli inglesi avevano fatto prigionieri. Per attrarre l'attenzione, in quanto erano stati dimenticati, facevano lo sciopero della fame". Ed infatti nei giorni seguenti l'On. Gianni Roberti, su spinta del MFI, fece una interrogazione parlamentare all'allora Ministro della Giustizia Grassi. I giovani poi furono scarcerati. Nel penitenziario di Procida all'epoca di fatti, siamo negli anni '48-'50, vi erano molti detenuti politici per i quali il MIF si adoperò: Bonino Bonci, federale di Novara, Giulio Baghino, ufficiale della X MAS, che fu poi deputato nelle file del MSI ed è attualmente presidente nazionale dell'Associazione Combattenti della RSI, Domenico Pisani colonnello della Guardia Nazionale Repubblicana ed il colonnello Rocchi prefetto di Perugia che, una volta scarcerato per intervento del MIF, fu ospitato in casa della contessa Zagari. Il MIF aiutò anche Giuseppe Pizzirani, l'ex segretario del P.F.R., che venne a Napoli appena uscito dal penitenziario di Livorno. Francesco Fatica proprio nel volume "Mezzogiorno e Fascismo clandestino" ricorda che Maria Monticelli si adoperò personalmente per cercare le salme dei soldati della R.S.I. fucilati dagli anglo-americani a Nisida la mattina del 31/5/1944 e che erano state "trasportate al Cimitero della Pietà di Napoli, con la formale qualifica di Ignoti ed il cartello "Non si tocca - Interrato dal Comando Alleato". A loro sarà data cristiana sepoltura solo nel 1953. Numerose furono le feste di beneficenza per raccogliere fondi ed aiutare le famiglie cadute in disgrazia. Con questi fondi fu aiutata (memoria Tosti) la famiglia di Domenico Tilena, ultimo segretario del Partito Fascista di Napoli, all'epoca rinchiuso a Procida. Il legale del MIF era l'on. Nando di Nardo che prestava gratuitamente la sua opera prodigandosi per scarcerare i detenuti politici segnalati dal Movimento. In più di una occasione alle riunioni del MIF erano presenti Rachele e Vittorio Mussolini che all'epoca vivevano ad Ischia. Il ruolo del MIF fu dunque determinante per quanti furono imprigionati, emarginati, perseguitati per la loro fede politica. Questa massiccia mobilitazione volontaria femminile si spiega solo se si pensa che durante il fascismo la donna fu spinta a ricoprire un ruolo molto incisivo nell'ambito della società: una donna, non solo moglie e madre, ma anche lavoratrice e soprattutto membro attivo ed indispensabile della Nazione. Questa dunque in sintesi la storia del MIF contenuta nelle polverose e dimenticate carte dell'Archivio di Cosenza e raccolta da Roberto Guaraschi nel volume "La lampada e il fascio". Alessandro Pavolini Questa fu la storia che fece dire ad Alessandro Pavolini: "Bisogna essere stati perseguitati, oppure avere avuto contro di se la massa, per capire che cosa valga una donna nella vita di un uomo". 
     X^ MAS - Servizio ausiliario femminile
Concludo ricordando le parole scritte dalla principessa Pignatelli in una circolare inviata nel 1952 a tutte le sedi periferiche del MIF. La principessa Pignatelli aveva infatti ribadito l'importanza dell'Archivio quale elemento indispensabile per elaborare la memoria storica del MIF: "So che a tutte voi è caro che del MIF resti la storia. Negli archivi delle varie sezioni resteranno le relazioni dettagliate con i nomi e le lettere, ma in una pubblicazione destinata al lettore anonimo noi vogliamo cogliere quello che è stato il senso profondo della nostra organizzazione, ispirata alla solidarietà tra gli uomini. Ed io penso e credo che voi tutte la pensiate come me che, anche attenendosi alla massima esattezza, ci sia materia per una storia viva di questi anni dolorosi". 

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